Il noto giornalista Gad Lerner esprime le sue opinioni sul funerale di Ciro Esposito e il mondo dei media partenopei (e non solo) si infuria. Lerner non è nuovo a simili interventi e non è la prima volta che le sue opinioni (spesso forti, decise ed in alcuni casi incondivisibili) finiscono con il ledere la posizione di qualcuno.
Fin dove ci si può spingere quando si è giornalisti? Cosa si può dire e cosa no? Su cosa si deve tacere e su cosa bisogna invece alzare la voce, battere il tamburo? Domande etiche di difficile collocazione la cui risposta sta alla sensibilità del singolo. Dopo le polemiche e gli attacchi è stato inevitabile andare a leggere le posizioni del giornalista sul suo blog e stranamente, non ci ho ritrovato nulla di offensivo nei confronti della città di Napoli né tanto meno nei confronti di Scampia o della sua gente.
Il giornalista sembra piuttosto fare una disamina sul fatto sociale, sull’evento come dinamica di società in una chiara ed inconfondibile ottica sociologica, mettendo in relazione il fenomeno di massa all’impotenza e all‘immobilismo dello Stato. Fenomeni che fanno paura perché incontrollabili ed incontenibili, al di là che si svolgano a Napoli, Firenze, Genova o Catania. Nessun’opinione velatamente razzista, nessun commento segregazionista dicevo, ma tanta rigidità e fermezza di fronte ad un “fatto” che, prima di tutto, dovrebbe colpire la sfera emotiva più che quella prettamente sociale.
Non si può tacciare a mio avviso il Sign. Lerner di razzismo, ma piuttosto di cinismo e dispatia. Stento ancora a credere che in un articolo intero, seppur non troppo lungo, il giornalista abbia quasi del tutto dimenticato di focalizzare il pensiero, almeno per un attimo, sulla morte di un ragazzo di appena 28 anni ucciso dall’ignoranza e dalla violenza ottusa di un razzista. Avremmo preferito leggere qualcosa in più su Ciro, sulla sua storia, sui suoi 54 giorni di inferno ospedaliero tra operazioni e cure invasive o sulla sua ragazza diventata “vedova” a nemmeno trent’anni.
Questo ci saremmo aspettati ma la sensibilità, l’empatia e il rispetto sono, come suggerito in precedenza, a discrezione del singolo e quindi impossibili da pretendere.