L’Oscar degli studi sulle cefalee ai neurologici della Vanvitelli: “Miglior contributo scientifico dell’anno”
Giu 15, 2020 - Chiara Di Tommaso
In Italia sono circa 6 milioni le persone che soffrono di emicrania e il numero aumenta se si considera tutta l’Europa (circa 136 milioni). Secondo l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’emicrania è addirittura considerata come la patologia più invalidante nella popolazione al di sotto dei 50 anni in quanto responsabile del maggior numero di anni persi a causa della malattia.
Sono tantissime quindi nel mondo le ricerche sull’emicrania. Ora un prestigioso riconoscimento, il “Wolff Award” viene conferito per la prima volta ad un gruppo italiano dalla Società Americana delle Cefalee. Il premio è il più importante del settore a livello mondiale e ha visto premiare uno studio del gruppo di neurologi del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Vanvitelli, e del Centro Alti Studi di Risonanza Magnetica ,diretta dal professore Gioacchino Tedeschi, che rivela i meccanismi che sottendono il fenomeno della sensibilità cutanea nei pazienti emicranici (la cosiddetta allodinia). Attraverso un esame accurato è possibile individuare tre anni prima i pazienti che soffriranno di emicrania cronica e non sporadica.
Come spiegato in un comunicato dal professor Gioacchino Tedeschi, professore ordinario della Vanvitelli e Presidente della Società Italiana di Neurologia:
“L’allodinia è quella sensazione di dolore che porta il paziente, nel corso dell’attacco di emicrania, ad avvertire dolore anche per stimoli innocui, come pettinarsi, indossare gli occhiali, gli orecchini o la cravatta, toccarsi il volto o tenere i capelli legati. Dal punto di vista clinico l’allodinia è un sintomo legato ad un decorso peggiore dell’emicrania. Infatti, i sintomi dell’emicrania non si limitano al dolore al capo ma comprendono un corteo di accompagnamento caratterizzato da nausea, vomito, fastidio per la luce, per i rumori e per gli odori e, appunto, l’allodinia. Quest’ultima, quando presente nei pazienti emicranici, è un elemento prognostico che ci informa su un peggiore andamento dell’emicrania che tenderà alla cronicizzazione”.
Lo studio del gruppo di neurologi del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Vanvitelli, e del Centro Alti Studi di Risonanza Magnetica, diretta dal professore Gioacchino Tedeschi, dimostra che questo sintomo può essere previsto anche con tre anni di anticipo. Infatti, prima ancora che si sviluppi l’allodinia, i pazienti emicranici mostrano nel loro cervello, se studiato con la risonanza magnetica funzionale (chiamata così perché ci permette di studiare non solo la “forma” del cervello ma anche il suo “funzionamento”) delle anomalie in alcuni circuiti cerebrali.
Come spiegato Antonio Russo, professore associato e responsabile del Centro Cefalee:
“Ciò avviene perché la corteccia del cervello emicranico interpreta “in maniera scorretta” gli stimoli non dolorosi applicati alla cute durante un attacco emicranico. Quanto detto si associa ad anomalie strutturali e funzionali di aree cerebrali deputate non solo alla percezione e modulazione dello stimolo doloroso ma anche nei circuiti deputati alla interpretazione dello stimolo doloroso stesso”.
Uno studio, quello dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli, che potrebbe aprire la strada ad ulteriori scoperte nel campo delle cefalee:
“Per il momento, questo tipo analisi avanzate sono possibili solo in pochissimi centri – nei quali coesistono competenze sia nel campo dell’emicrania che dell’imaging avanzato – e quindi non è ancora possibile identificare su larga scala i pazienti destinati ad un peggiore andamento della loro emicrania con diversi anni di anticipo, ma l’identificazione di una alterazione dei circuiti cerebrali che sottende alla cronicizzazione del dolore, ha una enorme importanza per la comprensione dei meccanismi intrinseci del dolore. E questo potrebbe riguardare anche altri tipi di dolore oltre a quello dell’emicrania”.