Marco fa la tesina sulla grande storia di Napoli: i docenti lo applaudono all’esame
Lug 09, 2020 - Emilio Caserta
Sempre più giovani cominciano a capire a scuola (con dei bravi professori) o a casa (con dei bravi genitori), come sono andate effettivamente le cose nel 1861 e negli ultimi 160 anni qui al Sud. Altro che “meridionali poveri e lazzari”: quella che ormai amano raccontare anche i nostri figli è la storia scritta nelle strade, nei musei, tra i maestosi palazzi ottocenteschi che ci parlano di una storia gloriosa, quella di Napoli e del Sud.
Anche loro ormai hanno capito che la favola di mille garibaldini che “liberano” un regno retrogrado dai “cattivi” Borbone contro decine di migliaia di soldati perfettamente equipaggiati, non regge più.
Questa che vi presentiamo è la tesina d’esame di un giovanissimo studente di terza media, Marco Sarnataro, il quale ha deciso di parlare ai suoi docenti ed ai suoi compagni dell’amore e dell’orgoglio che prova per la sua città Napoli e per la sua gente. Troppo poco si parla nelle scuole d’oggi di radici, di attaccamento alla terra natìa e di storia, quella vera di cui noi meridionali per forza dovremmo andare fieri, e Marco non prova alcun timore a parlarne.
Nell’ultimo secolo e mezzo, per colpa di un lavaggio del cervello attuato da media nazionali e personaggi di spicco che quotidianamente ci raccontano di un Sud di cui bisogna solo vergognarsi, è stata costruita quella che oggi chiamiamo “sindrome da impotenza appresa” e che in poche parole ci fa vergognare di parlare la nostra meravigliosa lingua napoletana o i nostri dialetti, ci fa partire con la convinzione che qui mai potremmo essere felici, e così via.
La tesina di Marco Sarnataro inizia così: “Napoli è la città dei 1.000 primati, durante i secoli e attraversando ogni disciplina è stata la capostipite di moltissime innovazioni ed invenzioni che sono alla base della struttura economica, sociale, culturale, storica ed artistica di tutto il mondo occidentale. Per fortuna Napoli è la mia città e ne sono fiero ed orgoglioso; ho voluto raccontare le sue bellezze, i talenti, le scoperte che inconsapevolmente abbiamo ogni giorno intorno a noi e che rappresentano la nostra storia, per questo dobbiamo custodirla sempre in ognuno di noi perché senza passato non c’è futuro”.
Da Eduardo De Filippo alle Quattro Giornate, dalla canzone napoletana al tesoro di San Gennaro, dalla splendida Reggia di Caserta, all’emigrazione dal Sud (iniziata nel 1861) e la decadenza del glorioso Banco di Napoli con l’unità d’Italia: tanta memoria e tanto orgoglio sempre più radicati in giovani studenti meridionali desiderosi di riscatto, che hanno capito come mai il Sud oggi è ridotto come sappiamo.
Marco Sarnataro è stato in grado di raccontare più verità in queste poche righe che tanti sedicenti storici, docenti, giornalisti e personaggi che continuano a supportare la tesi di un Sud retrogrado e parassita. E dopo essere stato applaudito da tutti i docenti (e licenziato con 10 e lode), Marco è pronto ad affrontare quella vita in cui ha già scelto da che parte stare: quella del più debole e del più offeso ma anche del più fiero.
Questi sono i figli di quella rivoluzione culturale senza precedenti che si sta attuando al Sud negli ultimi 20 anni tra convegni, ricerche e battaglie di quelle associazioni culturali meridionaliste che stanno riscoprendo la storia. Tra le altre cose, Marco nel 2016 ha vinto una borsa di studio e il premio della Croce Rossa, acquisendo il titolo di “piccolo ambasciatore della pace” per un elaborato sul caporale Pietro Petrucci morto in Nassirya. Insomma: il futuro del Sud passerà anche per Marco e per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, decideranno di restare al Sud, facendo ritornare la loro terra agli antichi splendori: “Regala ai tuoi figli radici profonde, un giorno avranno le ali”.