Assodelivery – l’associazione dell’industria del food delivery italiana (n.d.r.) – e il sindacato Ugl hanno firmato un contratto collettivo nazionale di lavoro, per la tutela dei rider e di tutti i lavoratori della gig economy. Questa soluzione, però, non ha incontrato il favore dei sindacati principali e dei dipendenti del settore. Si tratterebbe, infatti, di un documento che bypassa le richieste sottoscritte nella bozza di contratto collettivo sottoscritto nel 2018 dalle categorie di riferimento.
Venerdì 18 settembre la prima protesta da parte dei sindacati e dei lavoratori del settore. La manifestazione era stata pensata da Nidil-CGIL Campania, come complementare all’entrata in vigore della legge 128/2019. La normativa avrebbe dovuto essere resa effettiva il 3 novembre 2020 ma, ad oggi, è stata sostituita dal CCNL. Dopo le novità di questi giorni la sollevazione assumerà toni più aspri. Sarà l’occasione per alzare la voce di fronte a quello che i rider delle principali città italiane definiscono come «un accordo pirata con un sindacato di comodo».
Tra le novità apportate dal CCNL, l’istituzione di un compenso minimo pari a 10 euro, in base al tempo per svolgere ogni consegna. Introdotte anche indennità integrative, sistema premiale, dotazioni di sicurezza e divieto di discriminazione. Una soluzione perfetta per gettare fumo negli occhi, come sostengono i rider impiegati a livello nazionale.
«(…) Questi lavoratori rimangono autonomi, ossia collaboratori occasionali e partite IVA, senza nessuna possibilità di avere un’occupazione stabile: in altri termini, si tratta di un’operazione che prevede un basso salario in cambio di maggiore precarietà». Sono le parole di CGIL, CISL e UIL, che hanno espresso il proprio dissenso in un comunicato unitario.
I sindacati sono pronti a scendere in piazza, in tutta Italia. Tra le richieste, la riconvocazione del del tavolo sindacale in sede istituzionale e la verifica della legittimità di questi rapporti di lavoro.