Sono ormai passati otto mesi da quando l’Italia si è trovata a dover fronteggiare il covid. Un virus invisibile, subdolo, che si trasmette facilmente e ci toglie la possibilità di toccare gli altri. Un contatto non solo fisico ma soprattutto umano che aumenta anche le distanze sociali ed economiche. A farne le spese sono i più piccoli, privati del prezioso tempo da poter trascorrere con i propri nonni (persone fragili che vanno tutelate perché più a rischio).
In questi mesi abbiamo assistito a scene che mai avremmo pensato di vedere. File di carri armati trasportare fuori dalla città di Bergamo bare, file di auto con bombole d’ossigeno fuori agli ospedali di tutta Italia in attesa di un posto, anziani morti soli senza la possibilità di dare l’ultimo saluto ai propri cari.
Ma non solo, abbiamo visto commercianti disperati, in crisi economica date le continue chiusure, costretti a licenziare i dipendenti. Intere famiglie sono quindi finite sul lastrico senza nessuna entrata, in attesa ancora della cassa integrazione promessa dal governo a giugno. Ma c’è chi sta peggio ed è dimenticato dallo Stato. Stiamo parlando di persone che si ‘arrangiano’ con piccoli lavoretti non sempre pagati con regolare contratto e che, di conseguenza, non hanno potuto accedere a nessun tipo di aiuto. ‘Solo partite Iva’ si legge nei requisiti per la domanda di sussidi, ma non tutti la hanno. Il ‘bonus spesa’ inoltra non basta a vivere dignitosamente. Se durante il primo lockdown si era mosso anche il Comune e alcuni imprenditori privati con la raccolta di alimenti alla Mostra d’Oltremare, in questa seconda ondata il problema di persone che non riescono neanche ad arrivare a fine mese sembra non interessare.
Alcuni Comuni hanno scelto in autonomia di organizzare ‘spese solidali’ e i campani possono contare anche sulla generosità degli atri campani. Il gran cuore partenopeo che ha portato al ‘panaro solidale’ e al ‘tampone sospeso’. Questa difficile situazione economica però provoca tensione sociale e consente alla criminalità organizzata di farsi largo tra i bisognosi. Dove manca lo Stato infatti c’è la camorra, un problema denunciato più volte anche dal sindaco di Napoli, Luigi de Magistris.
I problemi però per il governo e gli italiani sembrano essere altri. Quello che più fa tristezza è vedere assembramenti fuori al supermercato per aggiudicarsi un modello di scarpe a basso costo ma in edizione limitata, vedere le file fuori ai negozi per un famoso gioco da tavola, vedere le polemiche sull’apertura delle piste da sci (dimenticando che molti contagi a marzo furono dovuti a questo). Il covid ha aumentato le distanze sociali, non solo fisiche allagandone la forbice. Chi è ricco è sempre ricco e non ha perso il lavoro, chi è povero è ancora più povero.
Il governatore della Liguria, Giovanni Toti, infatti non ci sta a chiudere le piste da sci:
“Non bisogna compromettere la stagione sciistica per non creare un danno irreversibile all’economia della montagna dei nostri territori“.
Lo stesso presidente che qualche mese fa ha dichiarato in un tweet, poi parzialmente spiegato e smentito:
“Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate”.
Se dopo il covid doveva andare tutto bene, più di un qualcosa sembra essere andato storto.