Domani, 25 novembre, ricorre la giornata contro la violenza sulle donne. Eppure, pensieri come quello messo su carta dal giornalista Vittorio Feltri, che tratta il caso Genovese, continuano a far emergere ancor di più questa piaga che affligge il nostro Paese. La violenza, infatti, non è soltanto quella fisica ma anche quella che si cela dietro il cosiddetto “victim blaming”, ovvero la colpevolizzazione della donna vittima dell’abuso.
Alberto Genovese è stato denunciato da una 18enne, segregata e violentata per ore sotto effetto di stupefacenti. Vittorio Feltri tratta la notizia titolando: “Ingenua la ragazza stuprata da Genovese” e “I cocainomani vanno evitati”.
Poche righe in cui è intriso il succo del suo articolo, intento a colpevolizzare la giovane ragazza per essere finita in quel luogo. Un po’ come accade quando si fa ricadere la colpa sulla vittima semplicemente perché indossa una gonna o un top scollato.
Feltri in un certo senso giustifica il comportamento dell’aggressore in quanto: “Va da sé che drogarsi allontana dalla realtà e favorisce comportamenti riprovevoli. Ma è altrettanto vero che chi si incammina sulla pista della coca perde la coscienza e la capacità di autogestirsi.”
Vittorio Feltri fa leva sul fatto che la droga abbia inibito la sua ragione, pur riconoscendo la mostruosità della violenza consumata ai danni della ragazza. Quanto a lei, invece, scrive: “Entrando nella camera da letto dell’abbiente ospite cosa pensava di andare a fare, a recitare il rosario? Non ha sospettato che a un certo punto avrebbe dovuto togliersi le mutandine senza sapere quando avrebbe potuto rimettersele? Tanto più che Alberto godeva della fama di mandrillo.”
“Sarebbe stato meglio rimanere alla larga da costui. A lei concediamo le attenuanti generiche, ai suoi genitori tiriamo le orecchie” – conclude.
In sintesi, Alberto è stato spinto dalla droga mentre Michela è colpevole di aver partecipato ad una festa. La sua voglia di divertimento, del tutto lecita a 18 anni, secondo Feltri, avrebbe spinto Genovese a drogarla, legarla e stuprarla tutta la notte. Sono commenti come questo che offendono, ancora una volta, le donne vittime di violenza e sporcano il ricordo di quelle che, purtroppo, non ce l’hanno fatta.