La notizia che in questi giorni sta facendo impazzire tutti è sicuramente quella dell’individuazione di una nuova variante del Covid in Inghilterra. A proposito di ciò, Maria Rosaria Capobianchi, la virologa italiana che, a suo tempo, isolò il virus, ha rilasciato un’intervista per Giovanna Trinchella de “Il Fatto Quotidiano”.
Ormai tutti sappiamo quanto è importante sequenziare i virus. Come possiamo fare ad avere più laboratori?
“Abbiamo bisogno innanzitutto di una infrastruttura che in Italia non c’è. Ne è appena partita una ‘bozza’ finanziata dal Centro di controllo per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive (Ccm) e dall’Istituto superiore di sanità per fare un monitoraggio delle sequenze.
“Però la potenza di fuoco è abbastanza ridotta perché il Ccm ha finanziamenti ridotti. Sappiamo che il sequenziamento è cruciale e sappiamo anche che tipicamente l’Italia non è fra quei paesi che hanno puntato fin dall’inizio su una infrastruttura che si occupasse del monitoraggio di epidemiologia molecolare”.
Quanto tempo ci vorrà per metterla in piedi?
“Mi fa una domanda difficile. Non si crea in un giorno. Per cui non so quanto ci vorrà, intanto il ministro si è reso conto di questa esigenza e ha fatto un appello in seguito all’invito dell’Ecdc di potenziare le infrastrutture di sequenziamento.
“Se lei guarda le sequenze depositate su Gisaid, la piattaforma mondiale che raccoglie i dati, le sequenze italiane sono abbastanza poche e sono principalmente di una fascia dell’Italia che va dall’Emilia-Romagna in giù. Io so che altri istituti fanno sequenziamento, ma sicuramente non sono in Gisaid”.
Ma chi è in grado di fare il sequenziamento?
“Ci sono gli istituti zooprofilattici che sono in grado di fare sorveglianza molecolare. Comunque per monitorare le sequenze esiste un sito Nextstrain, il prossimo ceppo in pratica, e ci sono tutte. Naturalmente quelle identiche vengono contate una sola volta. Faccia una ricerca e veda quante ne ha fatte l’Italia. Ma l’epidemia non si combatte solo conoscendo i ceppi.
“Questo fa parte di una strategia di livello superiore, cioè quello di tracciare le variazioni e saperle riconoscere. Combattere la pandemia oggi significa fare prevenzione oltre che il vaccino. Tutti ci dobbiamo attenere alla misure di distanziamento sociale, rispettare le chiusure ed evitare gli assembramenti”.
Il 27 dicembre è il Vaccine Day.
“Sarà un inizio. Non si potranno vaccinare molte persone, le dosi sono ancora limitate. C’è bisogno di organizzazione, logistica e personale”.
Come ormai ben sappiamo, infatti, il vaccino in Italia sarà dapprima somministrato al 90% del personale sanitario fino a coprirlo tutto per poi passare alle varie categorie di lavoratori più a rischio contagio, fino agli anziani. C’è chi conta, però, per una consistente vaccinazione di massa entro la prossima estate. Il tutto, secondo l’Unione Europea, partirà simbolicamente il 27 dicembre in tutt’Europa.
Lei si vaccinerà?
“Certo e spero di essere tra i primi, non si tratta solo di qualcosa di simbolico. Io ci credo e sono stata tra i primi che ha visto in faccia il virus e mi piacerebbe essere tra i primi ad abbracciare la strategia nella quale crediamo e nella quale abbiamo investito: il vaccino, italiano o straniero che sia”.
Tutti voi esperti ci rassicurate sull’efficacia anche ora che è stata scoperta la variante inglese. Ma cosa potrebbe rendere invece il vaccino inefficace?
“Il principale bersaglio è la proteina S che è proprio la proteina di cui ci stiamo occupando e che accumula queste variazioni sulle quali si pone l’attenzione. Per adesso le variazioni osservate non sono tali da far presupporre che il vaccino non funzioni. C’è una grandissima esperienza maturata sull’influenza, il vaccino viene “aggiustato’” tutti gli anni perché il virus cambia talmente tanto da non essere più sensibile all’immunità determinata dal vaccino dell’anno prima”.
Quindi anche il vaccino anti-Covid è aggiustabile?
“Sicuramente sì. Laddove si identifica una mutazione importante che renda il vaccino non efficace non è difficile aggiustare e calibrare. Ormai la strategia di come si disegna il vaccino è tracciata. Non ci vorrà molto a sostituire la proteina S nel caso in cui fosse necessario”.
Insomma, ci è voluto del tempo per tirar fuori un vaccino efficace e totalmente nuovo per gli standard del mondo della medicina moderna ma, ora che è stato ottenuto, sarà semplice modificarlo leggermente per eventuali mutazioni del virus.
Quindi non 10 mesi, ma alcune settimane?
“Sì. Quello che sarà cambiato eventualmente è soltanto il pezzettino, la composizione della proteina. Il grosso del lavoro è la costruzione del vettore: non ci vorrà molto”.
Per arrivare a questo risultato gli investimenti sulla ricerca sono stati senza precedenti.
“Sì. Ma basta guardare le quote dei finanziamenti destinati alla ricerca per vedere che l’Italia è una Cenerentola. Perché la ricerca è un investimento non di immediata realizzazione, per tradizione c’è una scarsa considerazione. Bisogna cambiare mentalità perché la ricerca dà i suoi frutti in una prospettiva.
“Siamo miopi: basti vedere come è stata martoriata la sanità in questi anni ultimi anni con tagli lineari, ma anche sulla formazione. Ora si dice che non ci sono abbastanza medici, biologi o altri specialisti ma un percorso di formazione di professionista qualificato dura anni e anni.
“Serve un piano di costruzione di risorse umane e professionali, è indispensabile. La lotta alle infezioni emergenti è come la lotta ai disastri naturali. Noi siamo particolarmente soggetti e diciamo che dobbiamo investire nella prevenzione, ma siccome non investiamo poi piangiamo dopo.
“Lei pensi ai pompieri, sono lì che aspettano: non ci sono incidenti o incendi in tutti i momenti però quando succede qualcosa i pompieri sono e devono essere pronti. Quindi sono in attesa che vengano chiamati e che tutte le forze vengano dispiegate”.
Il messaggio è finanziare la ricerca, sempre e comunque?
“Senza soldi non si cantano messe. L’Italia si è mossa comunque finanziando un progetto che è quello di Reithera con il vaccino italiano che ha un disegno molto originale perché si basa su un vettore diverso da tutti quelli che hanno usato gli altri: è un vettore che promette bene perché nell’uomo non ha memoria immunitaria.
“Tipicamente gli italiani hanno ottime idee che però vengono un po’ sfruttate da altri. Questo progetto lo difendiamo tantissimo perché è italiano ed è progetto che è stato finanziato dallo Stato dalla regione Lazio e che ci vede impegnati con partnership e con l’ospedale di Verona.
“Ci inorgoglisce, certo la competizione con questi colossi… Ma in Italia ci sono tutta una serie di ostacoli che vanno superati: compreso il fatto che la sperimentazione ha un costo elevato. Ma se avviene un disastro tutte le forse devono essere pronte da dispiegare”.
Tra le ottime idee italiane che vengono un po’ sfruttate da altri citate dalla Capobianchi, sicuramente possiamo citare l’attivissima ricerca iniziale in Campania per un farmaco anti-virale o che comunque potesse contrastare la polmonite da Coronavirus: la più importante è certamente quella sul Tocilizumab che ah visto come protagonista il dottor Ascierto.