Ultimamente a causa del Covid 19 si è sentito spesso parlare di “stato di emergenza”, adottato in questo caso per permettere al governo e alla Protezione Civile di poter prendere provvedimenti “speciali” e immediati, in modo da fronteggiare al meglio lo stato d’emergenza causato dalla pandemia. Infatti, con la proclamazione dell’emergenza, si può passare a uno “stato d’eccezione”, secondo il quale alcune delle libertà fondamentali possono essere limitate.
Si definisce stato di emergenza, una particolare situazione all’interno di uno Stato che comporta l’emanazione di norme e/o restrizioni per fronteggiare una particolare emergenza da parte del Governo.
Lo stato di emergenza è regolato dalla legge 24 febbraio 1992 n.225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile) come da ultimo modificata dal D.L. n. 59/2012 (Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile), all’articolo 5 reca norme concernenti lo stato di emergenza e il potere di ordinanza ad esso connesso. Può essere proclamato nel momento in cui vi sono guerre, atti terroristici, calamità naturali, emergenze sanitarie o tragedie come quella del ponte Morandi crollato a Genova, in modo da consentire una risposta immediata da parte del Governo, sia per dare un aiuto concreto alla popolazione interessata sia per ricostruire ciò che è stato distrutto da una qualsiasi calamità naturale o in generale, per sostenere il paese o il territorio devastato dall’evento che ha provocato lo stato d’emergenza.
L’istituto, secondo quanto si apprende dal sito wikipedia.org, era già presente nel diritto romano: il Justitium, cioè lo stato di eccezione, comportava la sospensione delle garanzie repubblicane, cui dava accesso l’emanazione del senatus consultum ultimum. Nel diritto costituzionale moderno tali esigenze vengono talvolta recepite mediante norme presenti nelle Costituzioni, che prevedono modalità di sospensione delle garanzie di libertà, sebbene con procedure e modalità delimitate nel tempo; peraltro, alcune di esse si limitano a prevedere l’utilizzo dello strumento emergenziale per derogare ad alcune procedure decisionali che, in via ordinaria, coinvolgerebbero poteri diversi da quello esecutivo (in primis il potere legislativo, che dispone della spesa pubblica).
La Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite adottò nel 1981 una dichiarazione per definire quando l’ipotesi possa può essere utilizzata dagli Stati; ad esempio, l’Egitto, tra gli altri, è stato censurato a livello internazionale per il suo continuo ricorso allo stato di emergenza dal 1981.
In Italia vi sono 3 tipi di “eventi” classificati in base a estensione, intensità e capacità di risposta del sistema di protezione civile:
Al verificarsi degli eventi che, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, secondo quanto si apprende dal sito gazzettaufficiale.it, presentano i requisiti di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, in Italia, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l’intesa, delibera lo stato d’emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l’estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l’emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all’articolo 25. La delibera individua le prime risorse finanziarie da destinare all’avvio delle attività di soccorso e assistenza alla popolazione e degli interventi più urgenti di cui all’articolo 25, comma 2, lettere a) e b), e autorizza la spesa nell’ambito del Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44.
Spetta dunque a Palazzo Chigi decidere di adottare il provvedimento in modo completamente autonomo. Inoltre, il Governo stabilisce quale stato di emergenza dichiarare in base al motivo per cui viene deciso, se per un rischio meteorologico o idrogeologico, per un pericolo sismico o sanitario, come per il caso del Coronavirus.
Lo stato d’emergenza di rilievo nazionale (o di tipo C), ha dei limiti temporali precisi. Il Codice della Protezione civile ne definisce la durata: massimo 12 mesi, prorogabile per ulteriori 12 mesi in caso di riconosciuta necessità. Soltanto qualora la proroga di tale stato di emergenza superi i 24 mesi, occorrerebbe un intervento legislativo approvato dal Parlamento.
L’art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992 , così come novellato dal D.L. 59, prevede che la delibera con cui viene dichiarato lo stato di emergenza:
Dopo la proclamazione dello stato di emergenza, il capo del dipartimento della protezione civile può emanare delle ordinanze in deroga alle disposizioni ordinarie di legge, ma garantendo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. In questo modo e in questa particolare circostanza, è consentito scavalcare gli iter istituzionali e burocratici per velocizzare l’intervento delle Autorità. Il provvedimento per eccellenza durante l’emergenza è il decreto-legge.
Con la delibera dello stato di emergenza, il Cdm stanzia una somma iniziale per realizzare i primi interventi necessari. Per lo stanziamento di altre risorse si dovrà passare per un’ulteriore delibera, che dovrà tenere conto di una ricognizione realizzata dai Commissari delegati su quanto sia utile per affrontare l’emergenza.
Lo stato di emergenza consente di agire su molti aspetti grazie all’emanazione di dpcm (decreti presidenza Consiglio ministri) e ordinanze del ministro della Salute. I dpcm possono essere emanati solo in stato di emergenza. Durante l’esame del “decreto Covid” c’è stata una polemica sui poteri del governo e del presidente del Consiglio. Così si è inserito un emendamento che “parlamentarizza” i dpcm. Dunque il premier o un ministro devono illustrare alle Camere il contenuto dei provvedimenti da adottare.
Allo scadere dello stato di emergenza viene emanata un’ordinanza “di chiusura”, che regola il subentro dell’amministrazione competente in via ordinaria, stabilendo così il ritorno alla normalità. La fine dell’emergenza non è mai automatica ed è sempre subordinata ad un atto specifico che ne segna la chiusura definitiva.
Tutti i provvedimenti approvati dal Governo in seguito all’emergenza sanitaria internazionale.