Doveva essere il momento del cambiamento, ed invece passo dopo passo il Movimento 5 Stelle non solo si è adeguato alle logiche della politica politicante all’italiana, ma è riuscito perfino a fare parte di un Governo con Berlusconi. Il buon Silvio non fa parte in prima persona del Governo Draghi, eppure nell’esecutivo troviamo i suoi fedeli: Renato Brunetta alla Pubblica Amministrazione, Mariastella Gelmini agli Affari Regionali e Mara Carfagna al ministero per il Sud, tutti personaggi che hanno già fatto parte di esecutivi – guidati da Berlusconi – e che non si sono certamente contraddistinti per il loro buon operato. Politici di professione i cui fallimenti del passato sono stati premiati con nuovi incarichi, come da consolidata prassi italiana che Mario Draghi sembra già ben conoscere.
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Dalla elezioni politiche del 2018 i pentastellati erano usciti come partito che era riuscito a raccogliere più voti, una vittoria relativa che li poneva come principale interlocutore verso la formazione del Governo. Fu allora che scesero al primo compromesso, quello del Governo insieme alla Lega Nord di Matteo Salvini. Il passo verso il secondo compromesso è stato breve: il Governo con il PD di Zingaretti e soprattutto Matteo Renzi, lo stesso che poi se li è messi in tasca provocando le dimissioni di Giuseppe Conte. Adesso il Governo Draghi e la condivisione del potere con Silvio Berlusconi.
Beppe Grillo e compagni in meno di tre anni hanno stretto accordi con quasi tutte le forze politiche, specialmente quelle che avevano più fortemente attaccato. Manca solo la DC di Giulio Andreotti, ma quella ormai non esiste più.