Napoli, giovane migrante muore con ferite gravissime: è giallo sulla dinamica dell’incidente


La morte di un giovane migrante a Napoli si è presto tinta di giallo. Si chiamava Malamin Drammeh e di lui si riesce a sapere molto poco. Le scarne informazioni che si riescono a trarre della sua vita lo descrivono come un uomo di 33 anni, arrivato da quasi cinque anni in Italia da Sankandi, un villaggio nell’ovest del Gambia, dopo la traversata nel deserto e la partenza col barcone dalle coste libiche. Risiedeva in uno dei fuligginosi vicoli alle spalle di Porta Nolana, parte di quella “sconfinata ragnatela siderale” che è Napoli Ferrovia, come la definiva Ermanno Rea nel suo omonimo romanzo.

Malamin è deceduto tre giorni fa. Di lui si erano perse le tracce diverse settimane prima, quando un’ambulanza lo portò via dall’appartamento in cui risiedeva con gravissime ferite sul corpo. Viene inizialmente ricoverato all’Ospedale del Mare, dove i medici gli diagnosticano la frattura della seconda vertebra cervicale e una grave insufficienza cardiaca dovuta al danno midollare subito. Lo opera un’equipe formata da ben nove specialisti, a sottolineare la difficoltà dell’intervento effettuato. Ben presto però gli viene riscontrata la positività al Covid, e per questo viene trasferito al Don Giovanni Bosco, dove poi morirà.

Quel che è accaduto nel palazzo dove viveva rimane un mistero. “I medici ai quali era stato comunicato che si fosse trattato di un incidente, di una caduta dalle scale, ci hanno detto di non credere a questa ipotesi. A loro sono sembrate piuttosto lesioni da trascinamento, o addirittura compatibili con chi viene spinto giù per le scale, per cui a detta dei medici si sarebbe trattato di un’aggressione” riferisce Bruna, presidente dell’associazione La Mescolanza, che ha seguito la vicenda.

Attualmente sarebbero in corso delle indagini, ma anche su questo non c’è chiarezza. L’unico in grado di spiegare cosa sia accaduto in quei frangenti sembra essere il suo coinquilino, un connazionale che però si sarebbe reso irreperibile già da diversi giorni. Il giovane era cliente di un noto studio legale della città specializzato nella tutela dei diritti degli stranieri. Lo immaginiamo Malamin alle prese da cinque anni con la pastoia burocratica italiana, innalzata da leggi liberticide ed uffici carichi di incombenze, dove per avere il riconoscimento della protezione internazionale o un permesso di soggiorno di lunga durata possono passare anni e anni.

La comunità gambiana di Napoli si è stretta intorno al dolore della famiglia e insieme alle associazioni sul territorio, tra cui La Mescolanza, hanno organizzato una colletta per far rimpatriare la salma.

I ragazzi della comunità gambiana questa mattina hanno iniziato una raccolta fondi per supportare le spese del trasporto…

Pubblicato da La Mescolanza su Giovedì 18 marzo 2021

Se è vero che alla Ferrovia “non c’è notte senza un’ammuina, senza una cerimonia di sangue con tanto di strepiti e maledizioni” per parafrasare di nuovo Ermanno Rea, stavolta è purtroppo toccato a Malamin, l’ennesimo invisibile in quello che è il buco nero della città, atto di accusa a tutte le istituzioni che preferiscono mantenersene a debita distanza.

Nel frattempo sui social rimbalzano i post che danno notizia della sua morte, spesso con migliaia di like e centinaia di condivisioni, tra i tanti connazionali presenti in Italia ma non solo. Come a dire che a volte la morte di un invisibile può fare un rumore enorme.


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