Inaugurata la casa del rider a Napoli: “L’obiettivo è realizzare un delivery etico e sostenibile”


Uno spazio che sia non solo un punto di ristoro per i rider, ma anche un luogo dove imparare quali sono i propri diritti e come farli valere. E’ con questo obiettivo che oggi è stata inaugurata “La Casa del Rider” nei locali della Galleria Principe di Napoli, un progetto nato dall’associazione Napoli Pedala in collaborazione con Inail, Comune e Cgil, a cui si è aggiunto il patrocinio morale della Presidenza della Camera dei deputati. All’inaugurazione erano presenti l’assessore al patrimonio Alessandra Clemente e l’assessore al lavoro Giovanni Pagano.

La struttura si trova all’interno degli spazi attualmente dati in concessione a Bycicle House. Scopo del progetto è creare un hub dove i lavoratori del food delivery possano recuperare le energie tra una consegna e l’altra, ricaricare le batterie delle bici elettriche, depositare gli zaini, ma anche dove poter trovare assistenza in materia legale e di sicurezza del lavoro. A tal fine l’accordo prevede uno stanziamento di 50mila euro, di cui la metà messi a disposizione dall’Inail, a cui spetta il compito di istruire e formare i lavoratori alla sicurezza, e il rimanente suddivisi tra il 60 e il 40 per cento tra Napoli Pedala e la Cgil, che si occuperà della parte tecnico – legale.

Il momento dell’inaugurazione

Questo è solo un punto di partenza, noi oggi apriamo uno spazio che servirà da luogo di connessione di competenze e delle sofferenze dei lavoratori del delivery” – dichiara Luca Simeone, presidente di ‘Napoli Pedala” – “Da qua vogliamo partire anche per scrivere un nuovo patto di cittadinanza tra i consumatori, le aziende e i rider. Immaginiamo che, con uno scatto in avanti, possa nascere tra qualche mese un delivery etico, sostenibile e sociale, che lavori soprattutto sui diritti. Da questo punto di vista cerchiamo anche di incentivare l’uso della bicicletta elettrica al posto del motorino, in quanto si tratta di un mezzo ecologico, oltre che più sicuro e meno dispendioso per chi ci lavora”.

I dati riportano che su Napoli operano almeno 1200 rider, un esercito precario e vessato dall’algoritmo della piattaforma per la quale lavorano. “Questo è un periodo in cui ci dovrebbe essere più lavoro perché c’è la pandemia, e invece ci troviamo che è dimezzato” – racconta Valentina Guido, operatrice del food delivery – “Questo perché ci sono alcune piattaforme che assumono molto facilmente. Oggi ad esempio ho iniziato a lavorare alle dieci e mezza e mi sono fermata alle tre, eppure ho fatto solo due consegne per poco più di 7 euro, a cui ci devo detrarre anche la commissione che si prende la piattaforma. Lavoriamo col sole o con la pioggia, di giorno e di notte. Per ovvi motivi di questi tempi nessuno ci fa entrare in un bagno, né possiamo ricaricare i cellulari che facilmente si spengono dopo un po’. E poi non nascondo che ho un po’ di timore a girare di notte, ma la forza di volontà è maggiore e non mi fermo”.

La Gig economy rappresenta un settore su cui soltanto da poco le istituzioni hanno focalizzato la propria attenzione, soprattutto dopo che le indagini della Procura di Milano avrebbero riscontrato condizioni di grave sfruttamento dei ciclo-fattorini da parte di importanti piattaforme internazionali. “Stiamo redigendo la carta dei diritti dei rider insieme ai sindacati e ai lavoratori stessi” – dichiara Giovanni Pagano, assessore comunale al lavoro – “Al momento però devo constatare che i gestori delle piattaforme non hanno la volontà di interloquire con la nostra amministrazione, vogliono stipulare un nuovo contratto collettivo nazionale. E’ vero che esistono già alcuni contratti collettivi, ma sono per così dire un po’ fasulli, perché non garantiscono quei diritti tipici del lavoro subordinato, che è il tipo di rapporto riguardante i rider. Invece le piattaforme continuano a nascondersi dietro la figura del lavoro autonomo, ed è il motivo per cui ci sono diverse inchieste della magistratura che definiscono questo regime come di quasi schiavitù. Iniziative come la casa del rider possono essere funzionali a far sì che si proceda nella direzione del riconoscimento dei diritti di questa categoria di lavoratori”.


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