Oggi, Giovedì Santo, non può mancare la tradizione dei Sepolcri, oltre alla zuppa di cozze. Sono ormai anni che i napoletani e tutti gli italiani fanno visita agli Altari della Reposizione che vengono allestiti nel pomeriggio del Giovedì che precede la Pasqua all’interno delle Chiese. Un rito irrinunciabile e che si tramanda da generazioni.
Il Sepolcro infatti altri non è che ‘l’altare’ o la ‘cappella della reposizione’ che è destinato ad accogliere l’eucarestia consacrata che deve essere conservata per il Venerdì Santo. Come spiegato dalla Treccani:
“Il Sepolcro (con la S maiuscola) è il mobile in cui viene riposta l’Eucaristia del giovedì santo per conservarla fino alla funzione liturgica del venerdì santo”.
In questo giorno si ricorda l’istituzione dell’Eucaristia e del ministero ordinato, oltre che la consegna ai discepoli del comandamento dell’amore (Giovanni 13, versetto 34 e 35) dato dai discorsi di Gesù.
34 “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri;
come io vi ho amato,
così amatevi anche voi gli uni gli altri.
35 Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”.
Il Giovedì Santo è caratterizzato soprattutto dalla messa nella Cena del Signore, la santa Comunione può essere distribuita solo nella Messa, crismale o in Cena Domini. Ed è proprio questa speciale messa del tramonto a dare il via al Triduo pasquale o ‘Santissimo Triduo del Cristo crocifisso, sepolto e risorto’: i tre giorni consecutivi del Venerdì, sabato e Domenica di Pasqua. Un’usanza tramandata da secoli e che trova il primo documento ufficiale datato addirittura 1594. Il testo contiene infatti la descrizione di un sepolcro allestito in quell’anno nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova:
“Né mai si vidde la più bella né la più artificiosa inventione né ornamento”.
La casa di Dio con questi altari si prepara a esternare simbolicamente il dolore e il cordoglio per la morte di Cristo, una sorta di camera ardente. Gli altari sono addobbati a festa per questa occasione: fiori, spighe, candele, strutture in legno con tessuti preziosi (specialmente un drappo rosso segno della regalità e della passione di Cristo), pane e foglie restano per tutto il giorno e fino al Venerdì Santo. La luce è soffusa a indicare il triste momento.
I Sepolcri vengono poi visitati dai fedeli secondo il rito dello struscio: la lenta visita agli altari collocati all’interno delle chiese, una sorta di accompagnamento a Gesù da quando fu catturato fino alla sua crocifissione. Gli altari devono essere visitati in numero dispari (almeno tre) e davanti a ognuno di essi deve essere recitata il Gloria, l’Ave Maria e il Padre nostro. A Napoli poi è consuetudine visitarne sette e tradizionalmente si parla di giro delle 7 chiese. Sette infatti era il numero perfetto e in passato chi voleva ottenere l’indulgenza doveva girare 7 chiese. Ma 7 sono anche i gradi della perfezione, le sfere celesti e i rami dell’albero cosmico, 7 i maggiori pianeti del sistema solare e i dolori della Madonna.
Inoltre secondo un’antica credenza, occorreva fà ‘e ssette chiesielle, cioè visitare sette sepolcri tra le principali chiese cittadine. Il percorso prescelto era quello che va da Dante a Piazza del Plebiscito con la Chiesa dello Spirito Santo, San Nicola alla Carità, San Liborio alla Pignasecca, Madonna delle Grazie, Santa Brigida, San Ferdinando di Palazzo e infine San Francesco di Paola (la più importante chiesa dell’800). Per questo si parla di struscio a Via Toledo.