In un articolo di Science è stato pubblicato lo studio secondo il quale alcuni individui, anche se a contatto con positivi al Covid-19, non contraggono la malattia, perché hanno sviluppato degli anticorpi reattivi alla SARS-CoV-2.
Perché succede? A questa domanda ha risposto il genetista italiano Giuseppe Novelli, direttore del Laboratorio di Genetica Medica del Policlinico Tor Vergata di Roma, il quale sta conducendo uno studio internazionale in collaborazione con la Rockefeller University di New York.
Il professor Novelli spiega: “Quando c’è un’infezione virale di queste dimensioni bisogna tenere conto di tre fattori: il patogeno, l’ospite e l’ambiente, ossia in che contesto si trova l’infezione con l’ospite. L’ospite siamo noi, con le nostre caratteristiche genetiche rispondiamo in maniera diversa a un’infezione”.
Il medico continua dicendo che il primo passo è stato studiare il DNA dei malati gravi, quelli che finiscono in terapia intensiva ed è stato scoperto che le cause che comportano il 15% delle forme gravi di Covid-19 sono genetiche: “I pazienti osservati hanno in comune un difetto nella produzione degli interferoni di tipo I (IFN), proteine che aiutano a regolare l’attività del sistema immunitario con funzioni antivirali”. Perciò, per questi pazienti è stata necessaria la terapia attraverso l’interferone di tipo 1, considerato che questo farmaco è conosciuto da più di 30 anni e non ha dimostrato effetti collaterali evidenti se assunto per un breve periodo di tempo.
Grazie a questo studio, per la prima volta è stato messo in evidenza che una caratteristica genetica dell’ospite è in grado di influenzare la gravità della malattia: perciò se esistono fattori genetici di suscettibilità, è evidente che esistono anche fattori di resistenza.
I resistenti sembrano essere, per la maggior parte, i bambini: gli scienziati hanno scoperto che in particolare i più giovani hanno anticorpi reattivi alla SARS-CoV-2 nel sangue, nonostante non siano mai stati infettati dal Covid. Questi anticorpi sono probabilmente il risultato dell’esposizione ad altri Coronavirus, che causano un comune raffreddore, per esempio.
Secondo la stessa ricerca, anche una piccola frazione di adulti, circa 1 su 20, possiede anticorpi cross-reattori con SARS-CoV-2 che non dipende dalla recente infezione da un comune Coronavirus del raffreddore.
In conclusione: per la scienza questa resta un’importantissima scoperta, ma la ricerca è ancora in fase di sviluppo e non si sa quali siano i tempi per concluderla del tutto.