È ufficiale: il Sud è stato derubato di 58,52 miliardi di euro del Recovery Plan che non andranno a finanziare progetti per lo sviluppo del Mezzogiorno, ma serviranno allo sviluppo dei territori già ricchi d’Italia, quelli del Nord. Si desume da un intervento del ministro per il Sud, Mara Carfagna, che su Facebook ha scritto:
“È vero che un anno fa, quando l’Europa varò l’operazione del Next Generation Eu, la suddivisione dei fondi tra gli Stati fu decisa in base a un algoritmo che valorizzava i dati del Pil, del numero degli abitanti e della disoccupazione”.
“È vero che quel principio, se fosse stato adottato a livello nazionale per dividere i fondi tra Nord e Sud, avrebbe premiato il Sud con una quota superiore al 60%. Ma questo non è successo. L’esecutivo dell’epoca ha scartato l’idea e ha costruito diversamente l’impalcatura del Recovery Plan sulla quale tutti noi, successivamente, abbiamo dovuto lavorare”.
Mara Carfagna, quindi, ha esplicitamente detto che l’Unione Europea ha stanziato 209 miliardi vista la condizione economica e sociale del Mezzogiorno, mentre lo Stato italiano, una volta ottenuti i finanziamenti (progetti ancora da approvare) ha cambiato i criteri adottati dall’Unione in modo da sottrarre quasi 60 miliardi al Sud: dal 68% (142,12 miliardi) si scende al 40% (83,6 miliardi).
La ministra addossa le colpe al precedente Governo, il quale è ovviamente responsabile di un tradimento di fatto ai danni del Mezzogiorno, a dimostrazione che non basta un esecutivo a trazione meridionale per fare gli interessi del Sud. Il marciume dello Stato italiano è profondamente radicato nella classe politica. Tuttavia il nuovo Governo avrebbe potuto correggere il tiro, come fatto d’altra parte nel momento in cui è stato redatto il Def (Documento di Economia e Finanza dove, ogni anno, vengono elencate tutte le politiche economiche dello Stato).
Nella premessa del documento, firmata dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, si legge per esempio che “Unitamente all’approvazione del Documento di Economia e Finanza, si ritiene ora opportuno richiedere al Parlamento di autorizzare un ulteriore margine di 40 miliardi per un nuovo provvedimento che vedrà la luce entro fine aprile”, oppure che “Nel mese di marzo, utilizzando il margine di manovra di 32 miliardi già richiesto dal precedente esecutivo, il Governo ha perfezionato un Decreto-Legge contenente un ampio spettro di misure di sostegno a imprese e lavoratori e ai settori più impattati dalle chiusure”. Questo vuol dire che l’attuale Governo aveva margini di tempo per modificare quei criteri, oltre a ad avere la possibilità di discostarsi da quanto precedentemente stabilito, per dare al Sud quello che gli spettava.
Ed invece quella parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stata considerata immutabile, scritta su pietra come i comandamenti consegnati da Dio a Mosè. Guarda caso, quando c’è la possibilità di favorire (non si sarebbe trattato, poi, di favorire, ma di riconoscere un diritto) il Sud esistono sempre impedimenti insormontabili. A livello nazionale non abbiamo assistito a nessuna levata di scudi, né a dibattiti televisivi dove si esponessero le ragioni del Sud, condannato ormai a essere colonia interna al servizio del Settentrione.
Condizioni di arretratezza che sono tali da aver spinto l’Europa a riconoscere all’Italia anche un ulteriore finanziamento di 13,5 miliardi su 47,5 complessivi del piano React-Eu, la percentuale più alta riconosciuta tra gli stati membri. Di questi, annuncia Mara Carfagna, due terzi saranno destinati al Mezzogiorno (8,5 miliardi) per il recupero dei divari territoriali. Fa specie leggere, però, che 1,7 miliardi saranno spesi per l’emergenza Covid e la salute, ossia quella sanità che proprio lo Stato centrale ha distrutto e condannando ancora una volta il meridione attraverso la mancata previsione dei Lep. Significa, in sostanza, che grazie ai fondi europei quelli nazionali destinati al Sud potranno continuare a essere dirottati al Nord.