“Quando parlo in italiano mi sento falso… Scrivo in napoletano. Un napoletano non può parlare italiano, sennò che napoletano è?”
A Massimo Troisi bastavano poche e semplici parole per collocare di nuovo Napoli e la napoletanità all’apice della cultura italiana, in una fase storica molto difficile per i suoi abitanti, alle prese con i postumi del terremoto, gli scandali della ricostruzione e la marea montante del pregiudizio padano. Provate a ripeterle oggi quelle parole, anzi a scriverle sui social, e vi renderete conto che non c’è grande differenza con quegli anni. O meglio una differenza c’è: che oggi un Troisi non esiste. A quasi trent’anni dalla sua scomparsa, per celebrarne il ricordo questa mattina è stata inaugurata presso il Castel dell’Ovo la mostra “Troisi poeta Massimo”, organizzata dal Comune di Napoli in collaborazione con l’Istituto Luce e con il riconoscimento del Ministero della cultura e della Regione Campania, l’archivio Enrico Appetito, Rai Teche, Cinecittà si Mostra e Cinecittà News, e sarà aperta al pubblico fino al 25 luglio.
La mostra ricorda il grande attore attraverso un percorso affascinante che si snoda nei meandri del castello, tra i filmati, le locandine e le immagini inedite del suo percorso di vita e di artista, insieme ai tanti amici, parenti e colleghi. Ci sono le fotografie con gli immancabili Lello Arena ed Enzo Decaro, i ritratti con Maradona e l’amico Pino Daniele, ma anche i tanti cimeli, come la bicicletta utilizzata nelle riprese del “Postino” o il vestito di Pulcinella del film “Il viaggio di Capitan Fracassa”. Tra i presenti all’inaugurazione c’erano il sindaco Luigi de Magistris, l’assessore alla cultura Annamaria Palmieri, il sindaco di San Giorgio a Cremano Giorgio Zinno, il direttore dell’archivio Luce Enrico Bufalini, Annamaria Troisi, sorella di Massimo, i comici Alessandro Siani e Gino Rivieccio, quest’ultimo presidente del premio Troisi.
“Massimo Troisi è Napoli come anima, corpo e cuore” – dichiara de Magistris – “Questa mostra rinnova alle generazioni quelle emozioni che non sono mai svanite e ha un impatto straordinario, per la sua potenza ed innovazione, ma anche per la fase storica che stiamo vivendo. Credo che non ci poteva essere momento migliore per provare a rinascere attraverso Massimo, Napoli ha tutte le risorse materiali e spirituali per farlo. Speriamo già da questa estate di poter ripartire bene”.
Riscoperta e rinascita sono i temi che hanno accompagnato la realizzazione della mostra, e che la accompagneranno anche nei prossimi giorni, ora che una luce in fondo al tunnel inizia finalmente ad intravedersi grazie all’accelerazione nella campagna vaccinale contro il Covid-19. Gli stessi temi che hanno guidato anche il regista Stefano Veneruso, nipote e collaboratore di Trosi, nell’ideazione dell’evento dedicato allo zio: “Io ho sempre sentito Massimo come un fratello maggiore, e sono sicuro che a lui tutto questo avrebbe fatto molto piacere, specie in un momento come questo. Con noi in casa era l’autenticità e la purezza in persona, ricordo che quando qualcuno si comportava male, usava spesso la parola ‘evita’, quando poi si trattava di qualcosa di davvero grave, allora si spingeva a dire ‘fall’’o fà’, non l’ho mai visto urlare né arrabbiarsi. Io stesso ho dovuto studiare a fondo il personaggio Massimo, e ho capito che la sua arte aiuta a vivere meglio”.
Massimo Troisi è naturalmente un punto di riferimento anche per tutti coloro che si cimentano nell’arte della commedia italiana, sia nell’arte che nel cinema, come racconta Alessandro Siani: “Quando ho iniziato a fare questo lavoro ho capito ancora di più la grandezza e la tecnica di Massimo Troisi. A me ha fatto impazzire il film ‘Pensavo fosse amore, invece era un calesse’, perché come ha parlato lui dell’amore, con la stessa delicatezza e lo stesso sentimento, non ci riuscirà mai più nessuno. Penso anche alla meravigliosa canzone ‘Quando’ scritta con Pino Daniele, che ha consentito a tutta l’Italia di conoscere le meraviglie di Napoli. Bisogna avere la consapevolezza che Troisi è inarrivabile e indimenticabile. E’ diventato come Totò, tutti lo conoscono e lo conosceranno, anche le nuove generazioni”.