Giunge alle battute conclusive il processo che vede come unico imputato Emilio Lavoretano, già condannato in primo grado per l’omicidio della moglie Katia Tondi. Il fatto risale al lontano 20 luglio 2013 quando a San Tammaro, una piccola e tranquilla località in provincia di Caserta, la giovane donna viene trovata morta nell’abitazione coniugale. Secondo la Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere che ha inflitto 27 anni di reclusione al marito, l’uccisione di Katia è avvenuta tra le 18 e le 19 di quella tragica giornata, ammazzata mentre era da sola in casa con il figlio di pochi mesi.
Questa mattina presso la Corte d’Assise d’Appello di Napoli dove si sta celebrando il processo di secondo grado, ha preso la parola il legale di parte civile, l’avvocato Gianluca Giordano. Il rappresentante della famiglia Tondi ha ripercorso i punti salienti che hanno portato in primo grado a ritenere schiaccianti le prove a carico di Lavoretano. Ha escluso, smontando la tesi della difesa, tutte le altre ipotesi che scagionerebbero l’imputato. In particolare si è sottolineata l’evidente mancanza di prove sufficienti a ritenere che Katia sia stata vittima di una tentata rapina. Giordano ha richiesto la conferma della pena inflitta in primo grado al marito della Tondi.
Lavoretano avrebbe ucciso la moglie. Ne è convinto anche il Procuratore Generale della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, Raffaele Marino. Lo ha sostenuto nella appassionata requisitoria avvenuta nello scorso mese di aprile, chiedendo alla Corte di confermare la condanna decisa già dalla Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere.
Il dibattimento proseguirà con la discussione degli avvocati della difesa, Carlo De Stavola ed Elisabetta Carfora, il prossimo 19 maggio e il 4 giugno. L’attesa sentenza arriverà qualche giorno dopo.