La moglie di Cutolo: “Ai giovani dico di non seguire questi miti, troppa sofferenza”
Mag 31, 2021 - Veronica Ronza
Immacolata Iacone, vedova del boss Raffaele Cutolo, il fondatore della Nuova Camorra Organizzata morto lo scorso febbraio, ha parlato degli ultimi momenti di vita di suo marito esortando i giovani a non seguire quell’esempio.
Parla Immacolata Iacone, moglie del boss Raffaele Cutolo
La donna ha conosciuto Cutolo a soli 17 anni e con lui è convolata a nozze nel 1983, celebrando la cerimonia all’interno del carcere. Dalla loro unione è nata una figlia, Denyse, e Immacolata sembra non essersi pentita di una vita matrimoniale vissuta tra un colloquio e l’altro.
In un’intervista rilasciata alla giornalista Gaia Martignetti, di ‘Fanpage‘, ha dichiarato: “Io sto ancora qua, come si fa a pentirsi. Ho una figlia. Semmai avessi sbagliato a 17 anni, a 20 anni mi sarei ricreduta e avrei fatto la mia vita. Invece sono passati 40 anni. Mi ha spinta quello che ho nel cuore. Dove c’è il vero amore non si può fermare, va anche oltre la morte”.
“I primi 3 anni non l’ho visto poi è capitato che ci siamo incrociati. Lo vedevo ogni due mesi. L’ho visto per l’inseminazione dopo due anni. A me bastavano anche 10 minuti per vederlo. Mi scriveva tanto, ci sono tante lettere. Poi abbiamo rotto questo rapporto di lettere perché quando c’era la censura era brutto che dovevano leggere le nostre cose. Così abbiamo poi deciso di non scriverci più”.
Racconta, poi, del momento in cui ha appreso della sua dipartita: “Ho saputo della sua morte tramite amici e giornalisti. Così ho chiamato al carcere per farlo presente e il brigadiere mi mise al corrente. Ma non si dice così. Io devo saperlo da un giornale che mio marito è morto? Noi quella sera dovevamo partire, volevo fare un colloquio però poi abbiamo anticipato. Siamo stati 3 giorni là ed è stato un calvario. Non ce l’hanno lasciato toccare, l’abbiamo visto a distanza in presenza di guardie carcerarie, polizia penitenziaria, un po’ di tutto”.
“Questo è successo prima dell’autopsia. Poi in un secondo momento mia figlia l’ha voluto vedere e dopo essersi consultati glielo hanno concesso. Io l’ho visto 4 minuti la prima volta e Denyse un minuto, dopo due ore e qualcosa. Fortunatamente lei non l’ha visto come l’ho visto io. Era irriconoscibile, pesava 40 kg, aveva un viso sofferente. Secondo me è stata la pace, ha finito di soffrire”.
La donna racconta anche i momenti successivi: “Alle 5 di mattina ci dissero che dovevamo fare il funerale ma ho avuto i miei dubbi. Così mi sono fatta un giro per il cimitero e ho visto tutti questi fotografi che aspettavano la salma. Cosa che io non sapevo e nemmeno mia figlia. Eravamo le uniche a non saperlo. Mi sono fatta accompagnare al cancello e sono entrata dentro. Non volevo che mio marito venisse sotterrato senza di noi”.
“Lui è morto con tutto il 41 bis. Non ho fatto mettere neppure i manifesti per non creare caos. Il dolore già è forte non volevo creare come una festa. Per il trigesimo ho fatto solo una cosa in famiglia, con manifesti e pagelline. Il questore mi chiamò per dirmi che avrebbe dovuto saperlo per questioni di sicurezza. Ma quale sicurezza?”
Il santino del boss fu al centro di una polemica avviata da un ragazzo che, su Tik Tok, lo mostrava fiero quasi ad adorarne le gesta. Di qui le parole di Immacolata: “Il ragazzo mi ha chiesto anche scusa, era innamorato di questo mito e ha voluto mostrare la pagellina. Ai giovani voglio dire di non seguire questi ‘miti’ perché non serve a niente. La sofferenza è tale che è meglio la libertà che questa sofferenza in carcere. Non si arriva a niente. Lui neppure ha vissuto un poco fuori”.
“Quello che non auguro a mia figlia non lo auguro a nessun figlio. Lei non ha niente a che vedere con queste cose, deve stare lontana da ogni violenza, è una bambina sana. A qualsiasi ragazzo dico di non seguire nessuna strada perché non serve a niente, la libertà è la cosa più bella anche senza soldi. La vita è una e passa”.
Ma continua a difendere a spada tratta la memoria del defunto boss: “Non lo lasciano in pace neppure dopo morto, lasciamolo in pace. Con lui che è morto è finito tutto. Ha subito, ha pagato la sua pena e nessuno ha il diritto di parlare di lui. Nessuno si è messo a livello suo di stare in una cella. Ha fatto le sue cose e le ha pagate. Basta non si può parlare sempre di Cutolo. Ci sono tante altre persone che tengono nascoste le cose. Io sono pulita però pure io dico che sono sporca perché ognuno di noi se si guarda dentro ha una colpa che sia minima o grande. Certo non abbiamo ammazzato le persone però è capitato”.
“Non possiamo dirlo che avremmo agito diversamente. Bisogna considerare il contesto, come si è trovato. Il carcere dovrebbe essere di educazione ma là è di sopravvivenza. Quando si è chiusi e non si ha la libertà si fanno tante cose che neppure immagini. Non è né l’unico né l’ultimo. Quando si va in carcere forse è meglio mettere la pena di morte e si finisce. Io penso che un po’ il ‘mito’ lo ha fatto lo Stato perché ci sono state tante persone, come mai solo Cutolo è diventato un ‘mito’?”
“Si è portato nella tomba tanti segreti con lui. Forse qualcuno dello Stato è anche contento. Io non c’entro in queste cose, io sono sempre stata fuori. Ho seguito solo mio marito nel carcere e gli avvocati. Delle altre cose non mi interessa, ho una figlia da crescere”.