Nelle ultime settimane si sta facendo sempre più strada l’ipotesi che il coronavirus non sia passato dall’animale all’uomo, ma sia di natura artificiale. Dopo le dichiarazioni di Anthony Fauci in merito, sono diversi gli esperti che hanno sostenuto la necessità di indagare a fondo sull’origine del Sars-Cov-2. Ma vi sono anche dei ricercatori che si oppongono all’idea del virus nato in laboratorio: tra questi Sergio Abrignani, componente del Cts.
Parlando di una presunta origine artificiale del virus che ha sconvolto le nostre vite, Abrignani ha dichiarato all’Adnkronos Salute: “Non lo so, non penso sia probabile, per ora non ci credo, ma aspetto di vedere i dati che lo dimostrerebbero. Sinceramente però, da medico, immunologo e clinico, non me ne può importare di meno“.
Il motivo per cui l’idea gli sembra poco probabile sta nella storia clinica dei “vecchi” coronavirus. “Già nel 2002 è saltato di specie un primo beta-coronavirus, che era il CoV1, dal pipistrello allo zibetto e poi all’uomo“, spiega Abrignani.
“Un altro beta-coronavirus nel 2012 è saltato dal pipistrello al dromedario e poi all’uomo. Nel 2019 è arrivato Sars-CoV-2“. Gli esperti non sono riusciti a individuare l’animale ponte, che tuttavia, sottolinea l’immunologo, “non sempre si riesce a trovare. Non è che il fatto di non trovarlo vuol dire che il virus esce da un laboratorio”.
Ma l’aspetto più importante che sottolinea Abrignani è questo: il Sars-Cov-2 sarà “un virus che ci porteremo dietro per tanto, tanto tempo e che farà parte della nostra vita. Capirne l’origine non cambia nulla dal punto di vista degli sforzi che dobbiamo fare per arginarlo“.