I ricercatori della Stanford University, in sinergia con i colleghi della Saarbrucken tedesca, hanno messo in evidenza l’analogia che intercorre tra i danni al cervello causati dal covid e le caratteristiche di alcune malattie neutodegenerative come il morbo di Alzheimer. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica ‘Nature’.
É ormai noto che l’infezione da coronavirus non colpisce soltanto i polmoni ma anche la sfera cerebrale. Diversi sono stati gli studi che hanno posto l’accento su tali conseguenze arrivando a dimostrare addirittura un collegamento tra i due disturbi. Gli esperti, infatti, concordano sulla presenza di una correlazione tra alterazioni respiratorie e neurologiche: il covid causerebbe problemi respiratori anche per il fatto che attaccherebbe i centri nervosi del cervello che controllano il respiro.
Relativamente alla sola sfera cognitiva, molti sono i pazienti che, venuti a contatto con la malattia, raccontano di uno stato confusionale, una sorta di rallentamento cognitivo più comunemente conosciuto come ‘nebbia al cervello’. I danni ai circuiti neuronali sono stati confermati dallo studio in questione, intitolato ‘Disregolazione dei tipi di cellule del cervello e del plesso coroideo nei casi più gravi di covid’, portato a termine recentemente.
I 23 ricercatori coinvolti hanno analizzato il tessuto cerebrale di 8 soggetti morti a causa del coronavirus. Hanno, poi, paragonato le informazioni raccolte con quelle proveniente da altri 14 deceduti, affetti da altre patologie. Nelle cellule dei tessuti cerebrali di coloro che avevano contratto il covid hanno rilevato alcuni cambiamenti sorprendenti. Questi, infatti, presentavano tratti molto simili a quelli dei pazienti affetti da patologie neurodegenerative come l’Alzheimer e il morbo di Parkinson.
In più sono giunti alla conclusione che tali effetti potrebbero essere rilevati anche nei pazienti per i quali l’infezione da covid non si è rivelata mortale. Inoltre, hanno confermato la tesi già palesata da diversi ricercatori relativa all’incremento di stati depressivi e schizofrenici nei soggetti risultati positivi all’infezione.