Sui fatti accaduti il 6 aprile del 2020 all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere si cerca di far luce, oltre che avvalendosi delle testimonianze dei detenuti, attraverso gli interrogatori dei poliziotti della Penitenziaria in servizio quel giorno. Proprio su questi, infatti, ricadono le accuse di torture pluriaggravate ai danni dei detenuti, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio.
Hanno fatto il giro del web le immagini che mostrano le scene di violenza consumate all’interno della casa circondariale ‘Francesco Uccella’. Si vedono gruppi di agenti che si scagliano con furia contro i detenuti, pestandoli a colpi di manganello o a mani nude. Quella ‘orribile mattanza’, così come definita dal Gip che ha firmato le misure cautelari, trapela anche nelle parole di coloro che hanno vissuto sulla propria pelle la furia dei poliziotti.
Diversi ex detenuti hanno raccontato di un vero e proprio massacro, non esitando a mostrare le ferite impresse sui loro corpi. Lunedì scorso, su ordine del Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 8 poliziotti sono finiti in carcere e 18 ai domiciliari. Per altri 23, invece, sono state disposte misure interdittive di sospensione al lavoro e 3 sono stati colpiti dall’obbligo di dimora.
Stando a quanto rende noto il ‘Corriere del Mezzogiorno’, i primi nove poliziotti interrogati si sono avvalsi tutti della facoltà di non rispondere. Il Gip ha, poi, ascoltato altri tre agenti finiti in carcere. Di questi soltanto uno avrebbe deciso di parlare affermando di non aver compiuto nessun abuso. A porsi sulla difensiva anche un altro suo collega che avrebbe motivato gli atti di violenza nel modo seguente: “Io sono l’ultimo anello della catena, le modalità di intervento sono state decise dai miei superiori”.
Il tutto sarebbe partito da una rivolta dei detenuti. Alcuni di loro hanno raccontato di aver avviato una manifestazione pacifica, battendo coperchi e utensili vari contro le sbarre, per richiamare l’attenzione degli agenti sui rischi derivanti dalla presenza di un caso di positività al virus all’interno della sezione vicina.