Crisanti: “Col Covid convivenza lunga. L’evoluzione di un virus dura migliaia di anni”
Lug 12, 2021 - Martina Di Fraia
I contagi sono in decisa risalita a causa della variante Delta, e questo rende sempre più lontano l’obiettivo della cosiddetta “immunità di gregge”. Al riguardo si è espresso anche Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova, intervenuto durante la trasmissione “Newsroom Italia” di Rai News 24 riguardo alla questione della convivenza con il covid.
“La gente ha dei comportamenti che sono giustificati da quello che gli è consentito, quindi è chiaro che non possiamo prendercela con le persone che si riuniscono o che esprimono la gioia per la nazionale, alla quale obiettivamente mi associo. I contagi da variante Delta sono destinati ad aumentare, la variante è arrivata in Italia mesi fa e non si è fatto nulla per evitarlo“.
“Questa è una variante con un indice di trasmissione estremamente elevato, che porta il livello dell’immunità di gregge all’85% circa. Questo significa che l’85% della popolazione deve essere protetta (non vaccinata, sia ben chiaro).
Ora, se dobbiamo dare retta ai dati che ci giungono da Israele, che ci dicono che le persone vaccinate con doppia dose di Pfizer sono protette al 70%, significa che anche vaccinando tutta la popolazione italiana si arriverebbe a una protezione del 70%, inferiore a quella necessaria per raggiungere l’immunità di gregge.
Questo significa che avremo nonostante tutto una trasmissione, che sarà in grado di raggiungere i 2 milioni e mezzo di persone sopra i 60 anni che non sono vaccinate. Dobbiamo incoraggiare al massimo l’adesione alla campagna vaccinale, data la presenza di questa variante che mette in pericolo tutto il lavoro fatto finora“.
Alla domanda su cosa si possa fare ora per combattere la circolazione della variante, Crisanti risponde: “Sicuramente non dobbiamo fare quello che sta facendo Boris Johnson, perché la comunità scientifica inglese l’ha ampiamente criticato.
Tutti coloro che hanno conoscenze di genetica ed epidemiologia hanno messo in evidenza che questa variante, ad altissima trasmissibilità e in grado di infettare persone parzialmente protette, è a un passo nella scala evolutiva dallo sviluppare una variante in grado di causare malattie gravi nei vaccinati. Più il virus si trasmette, più ha la possibilità di mutare e sviluppare varianti”.
La cosa giusta è combinare la vaccinazione con azioni di contrasto alla trasmissione, che non necessariamente devono essere di chiusura. Non smetto mai di ricordare che paesi come l’Australia, la Nuova Zelanda, la Corea del Sud, non hanno misure di restrizione come quelle che abbiamo subito noi ma allo stesso tempo sono covid-free. Il tracciamento così come viene fatto adesso da noi non funziona“.
Alla domanda sulla possibile evoluzione del virus e sulla speranza che diventi come un’influenza, Crisanti chiarisce: “In genere i virus all’inizio evolvono sempre verso forme più aggressive, poi l’organismo ospite si evolve a sua volta, ma questo è un processo che dura migliaia di anni. La cosa interessante è che in molte persone questo virus non causa sintomi. Questa è una cosa positiva: a lungo andare potrebbe essere destinato a evolversi verso forme non virulente.
Non necessariamente questo può avvenire nel giro di 2 o 3 anni: in genere i processi evolutivi durano tantissimi anni. Io prevedo una convivenza col virus abbastanza lunga. Per eliminare un virus come quello del vaiolo ci sono voluti 40 anni, il vaccino anti-polio è stato introdotto negli anni ’50, e dopo 70 anni possiamo cominciare a dire di averlo eliminato completamente.
Non è che se ci vacciniamo risolviamo il problema, perché la maggior parte del mondo rimane esposta e diventa un incubatore di varianti. Abbiamo bisogno di sviluppare una nuova generazione di vaccini, che possa essere facilmente adottata da Paesi con poche risorse economiche“, ha spiegato il virologo.