Il vaccino contro il covid è una delle armi principali a nostra disposizione per far fronte alla pandemia, ma sull’argomento vi sono ancora semplificazioni dannose. Lo sottolinea l’infettivologo Massimo Galli, che in un’intervista rilasciata ad Avvenire si sofferma sul ruolo dei vaccini ed esprime la sua opinione a proposito di no-vax e negazionisti.
Parlando di chi si è ostinato a negare la pericolosità o addirittura l’esistenza stessa del covid, Galli definisce queste persone come “subcultura”, e ritiene che i medici che li supportano agiscano più per appartenenza politica che sulla base di evidenze scientifiche. Ma anche sulla campagna vaccinale in corso il primario del Sacco di Milano ha alcune precisazioni da fare:
“Si sostiene che con due dosi c’è una copertura del 90% contro il virus ma non è così, perché quella è la regola ma poi ci sono tutti i casi particolari: i pazienti molto anziani che esprimono una immunosenescenza, chi fa chemioterapie importanti, o terapie immunosoppressive, per non dire della vasta platea di persone affette da malattie autoimmuni. C’è troppa semplificazione in questa campagna vaccinale“.
E sulla scia di questa semplificazione, spiega Galli, si rischia anche di imporre i vaccini a chi non ne ha bisogno: “Chi ha avuto il Covid, e sono forse sei milioni di persone, e ha ancora anticorpi, non dovrebbe fare il vaccino. Spesso, forse, neanche una dose. Ed invece gli si impone di vaccinarsi per ragioni più che altro burocratiche, perché altrimenti niente Green pass. Mi pare eticamente insostenibile e scientificamente scorretto“.