Anche Casagiove vuole accogliere i profughi afghani: “Prendiamoci cura di chi non potrà più chiamare Kabul, patria”
Ago 19, 2021 - Veronica Ronza
Anche il Comune di Casagiove, nel Casertano, si candida per entrare a far parte della rete degli enti locali dedicata all’accoglienza dei profughi afghani. A renderlo noto è l’amministrazione comunale.
Casagiove si candida ad accogliere i profughi afghani
Le immagini provenienti da Kabul, a seguito dell’insediamento dei talebani, stanno sconvolgendo il mondo intero e sono state diverse le autorità politiche campane che hanno voluto mostrare la propria solidarietà alla popolazione afghana.
Tra queste il sindaco di San Giorgio a Cremano, Giorgio Zinno, che proprio poche ore fa ha annunciato di aver dato la propria disponibilità nell’offrire un supporto concreto: “La nostra è una comunità solidale e noi siamo attrezzati a porre in essere fin da subito gesti concreti per chi rischia la propria vita. San Giorgio a Cremano, ancora una volta, come sempre, è pronta a fare la propria parte”.
Non sono mancati, inoltre, interventi da parte del Comune di Napoli e non solo. Stavolta anche la Comunità di Casagiove ha voluto tendere la mano verso la popolazione afghana così come annunciato dall’amministrazione comunale: “Casagiove si candida ad entrare a far parte della rete degli enti locali che realizzano progetti di accoglienza integrata, accedendo nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo”.
“Tutto ciò sarà possibile solo grazie al prezioso supporto delle realtà locali del terzo settore, che potranno garantire interventi di accoglienza integrata assicurando oltre ai servizi di vitto e alloggio, anche misure complementari di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico”.
“Siamo sicuri che su questa proposta avremo il consenso della grande maggioranza dei casagiovesi, i quali, nello stesso tempo, non rinunceranno a dare una mano nel combattere, qui, silenziosamente l’unica battaglia che come comunità non vorremmo perdere: ‘prendersi cura di chi non potrà più chiamare Kabul, patria’”.