A pochi giorni dalla morte del piccolo Samuele, che ha sconvolto l’intera città, spunta il racconto di un uomo, titolare di una bottega della zona situata proprio accanto a quella dei familiari del piccolo, che ha conosciuto Mariano Cannio, il domestico accusato di omicidio.
Sulla vicenda le indagini proseguono ma il Gip di Napoli ha fatto scattare la convalida del fermo nei confronti del domestico di famiglia. Sarebbe stato proprio quest’ultimo, durante l’interrogatorio, ad ammettere: “Ad un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone. Giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto ed ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla e mi sono spaventato consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo”.
L’uomo ha spiegato agli inquirenti di soffrire di un disturbo psichico e il suo legale sembrerebbe intenzionato di dimostrare lo stato di incapacità di intendere e di volere del suo assistito. L’uomo, tuttavia, come sostenuto dall’avvocato dei familiari di Samuele, non avrebbe informato i genitori del piccolo della sua patologia.
A seguito della testimonianza di un uomo che avrebbe assistito alla scena, vedendo il domestico all’esterno del balcone con in braccio il bambino, spunta il racconto del vicino di bottega dei familiari di Samuele. Quest’ultimo, intervistato da Anna Paola Merone, de ‘Il Corriere della Sera’, ha fornito nuove informazioni riguardanti il 38enne accusato di omicidio e la sua famiglia.
Queste le sue parole: “La madre era malata di nervi, il padre era un notissimo ladro di case. Io Mariano lo vedevo ogni giorno, era un ragazzo molto noto. Un tipo strano? Decisamente, ma eravamo abituati a vederlo così. Lavorava nelle case per cercare di guadagnarsi qualcosa e alla fine si era conquistato la fiducia di tutti”.
Eppure, proprio dopo l’ultimo saluto al piccolo, gli è tornato alla mente un episodio: “Un giorno aveva uno sguardo stravolto. Gli chiesi se stesse bene. Mi guardò fisso e mi disse ‘io ho il diavolo dentro’ con uno sguardo allucinato. Al momento pensai a una delle sue tante stravaganze ma ad oggi quelle parole mi logorano. Ci penso da quando ho saputo che è stato lui a gettare il bambino. Il diavolo, ecco cosa mi viene in mente quando penso a lui”.
Nessuno, tra i conoscenti del domestico, avrebbe mai immaginato ad un epilogo del genere e in molti lo avevano accolto tra le mura delle proprie case, dandogli la possibilità di guadagnarsi da vivere. Una vicenda che lascia spazio soltanto alla sofferenza e alla rabbia di un’intera famiglia che chiede verità, non vendetta, e rispetto per un dolore così grande.