Dopo il punto vendita del Centro commerciale Campania, il Disney Store di via Toledo, a Napoli, il prossimo 4 ottobre chiuderà i battenti. Alla delusione degli appassionati del brand, e soprattutto dei bambini, si aggiunge il disagio di diversi cittadini campani che si ritrovano senza più un lavoro.
L’azienda ha deciso di puntare sulla vendita online ed ha attivato la procedura di messa in stato di liquidazione con conseguente licenziamento di tutti i suoi 240 dipendenti italiani. Dunque la chiusura non si lega ad una perdita di fatturato bensì all’obiettivo di espandere e potenziare l’e-commerce.
Di qui l’allarme lanciato dal consigliere regionale Diego Venanzoni che ha presentato un’interrogazione all’assessore regionale alle Attività Produttive, Lavoro, Demanio e Patrimonio, Antonio Marchiello, facendo leva soprattutto sulle conseguenze lavorative ai danni dei dipendenti campani.
Queste le sue parole: “Disney Store a Napoli sta per chiudere. Nonostante la campagna elettorale non dimentichiamo chi sta per perdere il posto di lavoro. Bisogna intervenire per scongiurare ad ogni costo questa ulteriore perdita per la città di Napoli”.
Nell’interrogazione presentata si legge: “Nella nostra Regione sono 36 le famiglie coinvolte, 23 nel negozio di Napoli e 13 nel punto vendita di Caserta. La vita di 240 persone, o meglio di 240 famiglie italiane, è stata scossa da un terremoto che ha distrutto la propria stabilità economica, sociale ed emotiva, gettando un alone di paura sul proprio futuro e quello dei propri figli”.
Nonostante gli sforzi di alcune sigle sindacali nel trovare soluzioni meno drastiche, la Disney è rimasta irremovibile nella sua scelta, avviando le procedure di chiusura. Ciò nonostante i successi raggiunti dal punto vendita di Napoli: “Il negozio di via Toledo dava lustro alla via dello shopping e rappresentava un’attrattiva per i numerosi turisti che negli ultimi anni hanno scelto Napoli. Si stimano, infatti, circa 600 mila ingressi annui nel periodo pre-pandemico”.
“Oggi duole evidenziare che si registra un vuoto normativo che permette alle multinazionali di usufruire degli incentivi statali e degli ammortizzatori sociali, soprattutto nel periodo di emergenza sanitaria e socio-economica, e di abbandonare poi il suolo italiano lasciando dietro di sé solo amarezza e disoccupazione”.
Una problematica che va affrontata avviando interventi che possano sostenere i dipendenti colpiti da tali decisioni aziendali: “E’ un tema che occorre approfondire, per individuare una soluzione per le 36 famiglie lasciate senza retribuzione e senza alcuna previsione di trattamento economico di uscita da un momento all’altro ed evitare che possa ripetersi che un’azienda di tale rilevanza e con utili importanti attui una politica aziendale squisitamente commerciale e non necessaria”.