Sono diverse le espressioni della lingua napoletana utilizzate anche altrove come nel caso della parola ‘ruoto’ che sta diventando sempre più diffusa al punto da spingere l’Accademia della Crusca, la più alta istituzione italiana nella ricerca linguistica, ne ha ammesso l’adeguatezza.
L’Accademia è intervenuta, tramite nota, in risposta ai numerosi quesiti pervenuti circa l’utilizzo e il significato della parola, chiarendo i dubbi sulla possibilità di considerarla adeguata in lingua italiana. Di qui il chiarimento di Nicola De Blasi: “Ruoto ‘teglia’, per lo più di forma rotonda, o ‘tortiera’, è una parola originariamente locale (diffusa nei dialetti e nell’italiano di alcune regioni meridionali), ma usata da qualche tempo anche in italiano, sia pure in modo non generalizzato”.
Del resto la parola è già stata accolta dallo Zingarelli nel senso di ‘teglia rotonda per la cottura di cibi al forno’ ma con l’indicazione meridionale, riferita all’origine e a una diffusione prevalentemente nel Sud. Sulla stessa scia il GRADIT di Tullio De Mauro.
Non mancano, tuttavia, le occasioni, a livello nazionale, per nominare il ruoto anche altrove finendo all’interno di testi scritti e pagine di testate nazionali. Basti pensare alla ‘pizza nel ruoto’ che spopola anche a Milano favorendo la diffusione del termine nel parlato e dunque di conseguenza nella comunicazione scritta: “La pizza nel ruoto, infornata, consumata e, soprattutto, nominata a Milano è già un’ottima prova di una presenza non occasionale della parola in un contesto non meridionale”.
Quanto all’origine e all’etimologia della parola l’Accademia chiarisce: “Ruoto era a Napoli la denominazione abituale del recipiente rotondo usato nelle pizzerie per cuocere le pizze. In merito all’etimologia risulta evidente, per il formato circolare, l’accostamento a ruota, già richiamato dai vocabolari. Al riguardo, però, è anche opportuno tenere conto dell’uso del ruoto nella cucina tradizionale. Per garantire l’uniformità della cottura degli alimenti contenuti all’interno, era necessario ruotare frequentemente la teglia, così come oggi è necessario che il pizzaiolo, manovrando la pala del forno, faccia ruotare la pizza collocata direttamente sul pavimento del forno a legna”.
“Non sarebbe perciò improprio pensare che il ruoto si colleghi appunto a questa modalità di cottura che richiedeva una rotazione del tegame: in questo caso, quindi, il ruoto sarebbe così denominato non solo perché simile a una ruota, ma anche perché veniva fatto ruotare durante la cottura”.
Ciò spiegherebbe l’utilizzo della parola anche per contenitori quadrati. Sarebbe stato proprio l’accostamento del ruoto ad alcuni dei cibi più consumati, come pizza e pastiera, a favorire la diffusione del termine. A tal proposito l’Accademia ne conferma l’adeguatezza: “In certi contesti e in rapporto a certi argomenti la parola ruoto (come accade in genere per i dialettalismi) sia da considerare adeguata, come del resto suggeriscono anche i vocabolari italiani”.