Ultime Notizie

Quando D’Annunzio accusò Scarpetta di plagio: la guerra al tribunale di Napoli

Tra fine Ottocento e inizi Novecento il panorama teatrale napoletano era ricco di attori-autori la cui fama artistica ancora oggi viene ricordata. Tra questi va annoverato senza alcun dubbio Eduardo Scarpetta, padre di Titina, Eduardo e Peppino De Filippo.

EDUARDO SCARPETTA, IL MARADONA DEL TEATRO

Scarpetta conquistò il pubblico napoletano soprattutto con l’interpretazione dell’emblematico personaggio Felice Sciosciammocca: un borghese ingenuo e opportunista, che scatenava costantemente il riso nei suoi spettatori, ironizzando i vizi e i peccati della società. I guadagni dei botteghini erano infiniti quando Scarpetta recitava, tanto che Giuseppina Scognamiglio, studiosa e docente di Letteratura Teatrale all’Università di Napoli Federico II, l’ha definito “Il Maradona del teatro”. 

La bravura artistica di questo leone da palcoscenico si è poi trasferita anche nei figli, riconosciuti e non, come Vincenzino Scarpetta, l’indimenticabile trio De Filippo ed Ernesto Murolo, a sua volta padre del cantautore Roberto Murolo. L’innovazione teatrale di Scarpetta risedeva nella riscrittura di testi del teatro leggero francese: questa tipologia di teatro oltralpe gli appariva come una strada maestra per rinnovare il repertorio tradizionale del teatro dialettale partenopeo. Il teatro scarpettiano, dunque, adattava temi e motivi del teatro francese al pubblico napoletano, servendosi della parodia e dell’immancabile lingua del popolo.

In opposizione al suo teatro innovativo, accusato di camuffare gli originali francesi in una patina meridionale, insorse un gruppo di antiscarpettiani, tra i quali Salvatore Di Giacomo. Ma Scarpetta non si fece mai piegare dalle feroci critiche, continuando il suo lavoro di gran successo, finché non venne accusato da un intellettuale che molto stimava: Gabriele D’Annunzio.

LA POLEMICA TRA SCARPETTA E D’ANNUNZIO: DAL TEATRO AL TRIBUNALE

Tutto ebbe inizio nel 1904, quando Eduardo lavorava a Roma. Come riportato nel libro “E’ il teatro, bellezza!” di Giuseppina Scognamiglio e Massimiliano Mottola, una sera decise di voler mettere in scena la parodia della tragedia pastorale dannunziana La Figlia di Jorio. L’idea non lo abbandonò neanche i giorni seguenti, tanto da divenire una vera ossessione per lui. Decise allora di recarsi al cospetto di D’Annunzio, perché come scrive nella sua autobiografia: “Desideravo di rappresentare la mia parodia col gentile permesso dell’autore attaccato al mio manifesto”. 

Durante questo incontro D’Annunzio lesse il copione e acconsentì verbalmente alla messa in scena, notando anche la riduzione dell’autore-attore da tre a due atti. Ma il celebre poeta non fu di parola: nel momento in cui furono annunciate le date di debutto della parodia, la prefettura di Napoli fu sommersa da numerose lettere di protesta inviate da D’Annunzio stesso e da molti suoi compagni. Ciò nonostante il prefetto non proibì l’imminente messa in scena, che però fu sabotata da un pubblico istruito e comandato ai fischi dalla schiera dannunziana.

Poco dopo D’Annunzio ufficializzò la querela per plagio contro Scarpetta, accusandolo di aver contraffatto e non parodizzato la tragedia pastorale da lui scritta. Da questo momento iniziò quella che lo stesso Eduardo definì “Una Via Crucis”: la lotta si spostò nel 1908 in un’aula del tribunale penale di Napoli. Il pubblico di Scarpetta che, come in teatro, così in tribunale lo sosteneva con il fido amico Benedetto Croce, potette assistere a una disputa combattuta a suon di aspre dichiarazioni.

Il processo si concluse a favore di Scarpetta: La Figlia di Jorio venne ufficialmente dichiarata una parodia e non un plagio, come sosteneva D’Annunzio. Nonostante la vittoria, Eduardo non era più lo stesso, era distrutto ed estenuato dal lungo processo, nonché mortificato per l’umiliazione che gli oppositori, schierati con l’intellettuale, gli avevano inflitto. La via crucis porta così Scarpetta alla crocifissione, non legale, bensì professionale: Eduardo Scarpetta, il Maradona del teatro, decide di ritirasi dalle scene.