Enrico Morabito, il professore picchiato sotto casa sua a Casavatore, è tornato a parlare dell’episodio di violenza che lo ha visto protagonista definendo anche i ragazzi vittime di un sistema sbagliato.
Stando al suo racconto, il docente è stato pestato a sangue sotto casa da un gruppo di uomini tra i 40 ed i 50 anni, probabilmente perché la mattina aveva sgridato una classe che stava facendo chiasso disturbando anche gli altri alunni dell’istituto.
“Io come tanti altri sono un docente precario, in quella scuola ho fatto una supplenza di 7 giorni. Nell’ultimo giorno la classe aveva cominciato a dar di matto, ho messo una nota di classe ma loro continuavano a fare i fatti loro. A quel punto li ho richiamati ancor più aspramente dicendo che la scuola poteva decidere di sospenderli, abbassare i voti, separarli dai loro compagni” – ha raccontato rivolgendosi all’Ansa.
“Il pomeriggio citofonano mia mamma dicendo di essere miei amici. Io, convinto di trovare i miei studenti, mi ritrovo cinque balordi. A quel punto inizia il pestaggio. Per non farmi fuggire mi mantengono le mani, la gamba, mi prendono a calci e pugni. Uno di loro mi prende per i capelli e mi sbatte con la testa contro il vetro del palazzo che si sporca di sangue e poi vanno via dicendomi di non tornare più a scuola e di non denunciare i carabinieri”.
Un gesto da condannare ma che vede come vittime anche gli stessi ragazzi: “Non sappiamo se si tratta d i genitori o mandanti ma io non voglio neanche generalizzare. In quella classe ci sono tanti bravi ragazzi ma anche nella stessa scuola. Il preside è molto addolorato per quanto ho accaduto”.
“E’ un episodio che ci parla di generazioni che non hanno più il rispetto delle regole, delle persone, non amano più, sono incattiviti e arrabbiati. Parlo non solo di ragazzini ma anche di genitori che non sanno più educare alle regole ai propri figli.
“Le vittime siamo in due: io e i ragazzi. Io che ho subito l’aggressione e loro ai quali viene mostrata una società falsata, basata non sull’amore e sul rispetto delle regole ma sull’odio. Ci tornerei in quella classe per guardare in faccia anche i figli dei miei aggressori e dirgli che non ho nulla contro di loro, li ho anche perdonati, li voglio sempre bene ma questo non è il modo di agire”.
“Ho la voglia e la forza di voler andare avanti. Ho ricevuto tanta solidarietà da parte di ex alunni ed ex presidi di scuole dove ho lavorato, dei genitori dell’accademia di cinema di Casalnuovo dove insegno. Sono venuti anche a casa. Sto ricevendo messaggi di solidarietà a livello nazionale. Mi stanno raccontando che questi episodi stanno succedendo in tutte le scuole, non ultimo a Torino. C’è un problema molto grosso a livello nazionale non locale” – ha concluso.