Sono stati ritrovati nella Biblioteca Nazionale di Napoli degli appunti inediti scritti da Giacomo Leopardi all’età di 16 anni. La Biblioteca Nazionale di Napoli, collocata nel maestoso Palazzo Reale di Piazza del Plebiscito, vanta e conserva gelosamente la raccolta sistematica degli autografi leopardiani, tra i quali sono emersi degli appunti inediti, riconducibili alla fase adolescenziale del poeta.
Nonostante esso sia nato a Recanati, Giacomo Leopardi trascorse molti anni della sua vita a Napoli, vivendo in un antico palazzo con affaccio su Via Santa Teresa degli Scalzi, a pochi passi dal Museo Nazionale di Napoli, e gustando ogni giorno un sorbetto al limone seduto al tavolino di un bar all’ombra dei porticati della Basilica Reale Pontificia San Francesco da Paola di Piazza del Plebiscito.
Il legame di Leopardi con Napoli fu altalenante: il suo pensiero sul capoluogo partenopeo passò dall’ammirazione all’odio. Infatti, appena arrivato a Napoli sembrava apprezzare la città e i suoi cittadini, dei quali scriveva avere una “Indole amabile e benevola”, ma a distanza di poco tempo nella Vita di Giacomo Leopardi di Giuseppe Chiarini ritroviamo un sentimento diametralmente opposto alla sua prima impressione: “Il bisogno che ho di fuggire da questi Lazzaroni e Pulcinelli nobili e plebei, tutti ladri degnissimi di spagnuoli e di forche“.
La Biblioteca Nazionale di Napoli conserva un archivio prezioso di opere leopardiane, composto da manoscritti donati dall’autore all’amico Antonio Ranieri e a sua volta alla biblioteca partenopea. L’infinito, A Silvia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio e altre celebri opere sono ospitate, collazionate e conservate nelle maestose sale del Palazzo Reale nel fondo leopardiano.
Proprio tra queste celebri opere, come riportato da ANSA, in questi giorni, è emerso un inedito manoscritto di mano del poeta: un quadernetto composto da quattro fogli ripiegati su se stessi a ottenere otto facciate, contenenti una cospicua lista di autori antichi e tardo antichi con relative annotazioni numeriche.
L’opera, secondo i filologi che l’anno rinvenuta e a cui hanno lavorato, è da ricondurre all’età adolescenziale di Leopardi, molto probabilmente ai 16 anni. Questa datazione orientativa emerge dal testo stesso, in quanto rappresenta uno spoglio dell’Opera omnia di Giuliano imperatore, ricorrendo all’edizione di Ezechiel Spanheim, apparsa a Lipsia nel 1696 e presente con ogni probabilità nella biblioteca paterna.