Referendum sulla giustizia del 12 giugno: la spiegazione semplice dei 5 quesiti
Giu 01, 2022 - Francesco Pipitone
Foto: Ministero dell'Interno
Il prossimo 12 giugno i cittadini italiani sono chiamati ad esprimersi su cinque referendum abrogativi sulla giustizia, indetti con decreti del Presidente della Repubblica del 6 aprile 2022 ex art. 75 della Costituzione. Vi saranno cinque schede per cinque quesiti, ognuna avrà un colore diverso. Per essere valido, dovrà recarsi al voto il 50% + 1 degli aventi diritto al voto. Il corpo elettorale comprensivo anche degli elettori residenti all’estero, desunto dalla rilevazione semestrale 31.12.2021, è pari a 51.533.195 di cui: 25.039.273 uomini e 26.493.922 donne. I quesiti sono stati resi noti dal Ministero dell’Interno: noi abbiamo riportato il testo integrale, aggiungendo una spiegazione semplice in modo che i cittadini possano comprendere su cosa sono chiamati a esprimersi.
Referendum sulla giustizia: i quesiti e la spiegazione semplice
Referendum 1. Abrogazione della legge Severino sull’incandidabilità politica dei condannati
Scheda di colore rosso per il Referendum n. 1: abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. Il quesito: “Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?”.
LA SPIEGAZIONE SEMPLICE: il quesito riguarda la non candidabilità in politica delle persone condannate. Attualmente (la legge Severino) chi ha ricevuto una condanna non può candidarsi e se ricopre già una carica decade automaticamente. Per gli amministratori locali basta una condanna in primo grado. Se vince il sì la legge viene abrogata e chi ha ricevuto una condanna potrà ricoprire una carica pubblica; se vince il no tutto resta com’è attualmente.
Referendum 2. Abrogazione della custodia cautelare
Scheda di colore arancione per il referendum n. 2: limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale. Il quesito: “Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?.
LA SPIEGAZIONE SEMPLICE: il quesito riguarda la custodia cautelare in carcere. Attualmente se vi è pericolo che l’indagato possa reiterare il reato (ossia continuare a commettere le azioni per cui è indagato) il magistrato può disporre la sua detenzione in carcere o ai domiciliari in attesa del processo vero e proprio. Se vince il sì la norma sulla custodia cautelare viene abrogata e non sarà più possibile arrestare gli indagati (neanche se sono accusati di fare parte di organizzazioni criminali); se vince il no tutto resta com’è.
Referendum 3. Separazione delle carriere dei magistrati
Scheda di colore giallo per il referendum n. 3: separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati. Il quesito: “Volete voi che siano abrogati: l’“Ordinamento giudiziario” approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del Consiglio superiore della magistratura”; la legge 4 gennaio 1963, n.1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, recante «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’art.1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n.150», nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, recante “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’art.1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n.150” , nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, in particolare dall’art.2, comma 4 della legge 30 luglio 2007, n.111 e dall’art.3-bis, comma 4, lettera b) del decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24, limitatamente alle seguenti parti: art.11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art.13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art.13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art.13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art.13, comma 4: “4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”; art.13, comma 5: “5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art.13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’art.10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso art.10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.”; il decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’art.13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160.”?”
LA SPIEGAZIONE SEMPLICE: il quesito riguarda la separazione delle carriere dei magistrati tra giudice e pubblico ministero. Attualmente i magistrati possono passare da un ruolo all’altro: in questo modo capita che chi per anni ha lavorato come PM in funzione di accusa, si ritrovi a giudicare. Se vince il sì, il magistrato a inizio carriera dovrà scegliere se fare il PM o il giudice; se vince il no tutto resta com’è.
Referendum 4. Valutazione dei magistrati da parte di avvocati e professori universitari
Scheda di colore grigio per il Referendum n. 4: partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte. Il quesito: “Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.7, comma 1, lettera a)”; art.16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?.
LA SPIEGAZIONE SEMPLICE: il quesito riguarda la valutazione dell’operato dei magistrati non solo dal Consiglio direttivo della cassazione, ma anche da avvocati e professori universitari (che spesso sono anche avvocati). Attualmente avvocati e professori non hanno diritto di voto. Se vince il sì i magistrati potranno essere valutati anche da professori e avvocati (a cui sono contrapposti durante i processi); se vince il no tutto resta com’è.
Referendum 5. Riforma del CSM
Scheda di colore verde per il Referendum n. 5: abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Il quesito: “Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art. 23, né possono candidarsi a loro volta”?.
LA SPIEGAZIONE SEMPLICE: il quesito riguarda la riforma del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura). Attualmente i magistrati, per farne parte, devono essere votati ma per candidarsi devono preventivamente raccogliere le firme dei colleghi. Se vince il sì non vi sarà più bisogno di raccogliere le firme e al magistrato basterà la volontà di candidarsi; se vince il no tutto resta com’è. La proposta di abrogazione ha lo scopo di abolire le “correnti” nella magistratura.