Napoli, il caso del “palazzo della camorra”. Gli occupanti: “Non siamo camorristi, lavoriamo”


Napoli – E’ conosciuto come il “palazzo della camorra” l’edificio che si trova in via Egiziaca, a Pizzofalcone, soggetto a frequenti occupazioni abusive. Il caso è stato affrontato nel corso dell’ultima puntata di Non è l’arena, programma condotto da Massimo Giletti.

Napoli, il caso del “palazzo della camorra”: parlano gli occupanti

E’ stato il deputato Francesco Emilio Borrelli a denunciare più volte il fenomeno delle occupazioni abusive registrate all’interno del palazzo. Una pratica che danneggia la cittadinanza stessa e soprattutto coloro che, pur avendone diritto, non possono appropriarsi delle abitazioni.

“Questo palazzo è noto perché da anni alcuni esponenti di clan gestiscono le abitazioni. Ci sono famiglie di camorristi, qualche mese fa un latitante si era rifugiato qui. Poi dicono che non esiste la camorra qua. Hanno tolto le case a chi ne ha diritto” – ha commentato Borrelli.

Alcuni residenti, tuttavia, smentiscono la sua versione. Una donna replica: “Non siamo camorristi, vogliamo pagare. Dateci qualcosa che vogliamo pagare. Qua le persone hanno pagato ma non si sa i soldi dove sono andati a finire. Nessuna camorra, ascoltateci. In questo palazzo non abitano clan, metteteci le telecamere. Lavoriamo tutti, siamo persone perbene. La mattina usciamo per andare a lavoro”.

“La camorra non esiste qua dentro. Qua nessuno manda via le persone, nessuno fa la camorra qua. Non c’è nessuna piazza di spaccio nel cortile, nessuno che gestisce il palazzo” – racconta un ragazzo. A lui si aggiunge un altro occupante: “Qui ci sono 97 famiglie, domandate i cognomi casa per casa. Sono tutte brave persone. Dove stanno questi camorristi? Nessuno vende la droga qua dentro. Io ho occupato casa 25 anni fa. Perché non mi hanno fatto pagare un affitto? L’avrei pagato. Il Comune a chi la dava? A chi la vendeva? A chi pagava”.

Una signora del posto spiega: “Appena vedono un carro funebre capiscono che è morta la proprietaria e si infilano dentro”. Altri si rifiutano di parlare come una persona che si limita a dire: “Qui comandano i più forti”.


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