Felice Sciosciammocca: successore o assassino di Pulcinella?


Felice Sciosciammocca: successore o assassino di Pulcinella? Questa è la domanda che molti critici d’arte e di teatro si sono posti, e continuano a porsi, a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, quando si andava affermando la semi maschera interpretata da Eduardo Scarpetta: Felice Sciosciammocca.

Felice Sciosciammocca, chi era

Per la prima volta Sciosciammocca apparve sulle scene al fianco di Pulcinella per volontà di Antonio Petito, ma la vera affermazione del nuovo personaggio si ebbe nel momento in cui Eduardo Scarpetta ne vestì e ne caratterizzò i suoi panni. E proprio in questo preciso istante si realizzò il passaggio o, come sostiene la docente di Storia della Lingua Italiana dell’Università di Napoli Federico II Patricia Bianchi nel suo testo Pagine di storia della lingua teatrale tra Otto e Novecento: “Cambiati e rinnovati i teatri, l‘assassinio di Pulcinella era stato compiuto da Eduardo Scarpetta, con l’approvazione di gran parte del nuovo pubblico borghese napoletano, e trionfava Sciosciammocca“. 

Eduardo Scarpetta, in realtà, non fece altro che assecondare la voglia di rinnovamento teatrale che il pubblico richiedeva. Gli spettatori, per quanto lo apprezzassero, erano stanchi della maschera fissa di Pulcinella e delle sue altrettanto prevedibili avventure, per quanto nel corso degli anni anch’egli fu soggetto a grandi trasformazioni. Pertanto, il padre del trio De Filippo utilizzò i testi, i temi e gli intrecci del teatro leggero francese, del Vaudeville, come strada maestra per rinnovare il repertorio tradizionale del teatro dialettale.

Nell’eseguire tale operazione, però, Scarpetta tenne conto della necessità dell’immedesimazione del pubblico napoletano: adattò temi e intrecci del teatro francese alla vita e al sentire napoletano. E fu così che segnò il tramontare di Pulcinella. Un borghese ingenuo e opportunista con la pelle pallida, le guance rosse e i capelli impomatati, che scatenava costantemente il riso nei suoi spettatori, ironizzando i vizi e i peccati della società partenopea, spodestò l’antica maschera di Pulcinella, uccidendola definitivamente. 

Il pubblico di Napoli non voleva più Pulcinella, bensì si accalcava in lunghe file fuori il Teatro San Carlino per avere l’onore di assistere allo spettacolo di Eduardo Scarpetta. Tuttavia, per quanto il successo del padre di Titina, Eduardo e Peppino registrò un successo inestimabile, non mancarono le critiche: Salvatore Di Giacomo, alla testa del filone anti-scarpettiano, accusò l’acclamato autore teatrale nel suo testo Storie del teatro San Carlino: “Scarpetta […] adatta alla modernità la sua linea e le sue trovate ridicole, non mirando ad altro se non che a risollevare lo spirito del suo pubblico e a lasciar dimenticare a quest’ultimo tutte le noie della vita“. 


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