Al giorno d’oggi, complici soprattutto i condizionamenti scaturiti dalla pubblicità, sono ancora una minoranza, in particolare nel Sud Italia, gli italiani che preferiscono bere acqua di rete. La causa sarebbe da rinvenire in una percezione di scarsa qualità e sicurezza. Ma è realmente così? Scopriamo cosa c’è di vero.
I sali contenuti nell’acqua di rete fanno male alla salute?
Una delle convinzioni più comuni è che l’acqua debba essere il più leggera possibile, ossia con un residuo fisso basso e quindi con un basso contenuto di sali disciolti. La verità è che il nostro corpo, al contrario di un elettrodomestico, ha bisogno dei sali minerali, compreso il magnesio e il calcio, che molte persone preferiscono assumere attraverso l’uso di integratori ma di cui l’acqua di rete è spesso molto ricca.
Diversi spot pubblicitari ci inducono a credere che l’acqua debba essere per forza povera di sodio. Come stanno realmente le cose?
Anche il sodio è vittima di un ingiusto preconcetto. Si pensa infatti che l’acqua povera di sodio abbia effetti positivi sulla diuresi e faccia bene alla salute: questo è vero, ma solo per coloro che sono affetti da determinate patologie. Per chi gode di buona salute, la frazione di sodio che si assume attraverso l’acqua è davvero trascurabile. Basti considerare che 100 grammi di prosciutto crudo contengono circa 2,5 grammi di sodio, per assumere la stessa quantità con l’acqua del rubinetto ne dovremmo bere mediamente circa 20 litri al giorno.
Cosa dire del cloro?
Molti evitano di consumare l’acqua casalinga a causa della presenza di cloro, che viene utilizzato dai gestori e dagli enti pubblici per la disinfezione dell’acqua di rete. Il cloro (ipoclorito di sodio o biossido di cloro), infatti, elimina i batteri ed è attivo anche contro spore e virus. La legge italiana (Decreto Legislativo n°31 del 02/02/2001 relativo alla qualità delle acque destinate al consumo umano), che recepisce le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, indica una soglia massima di 0,2 mg/l. Quindi il consumo di acqua di rete è assolutamente sicuro. Per evitare l’odore o il sapore a volte spiacevole del cloro, basta riempire il bicchiere o la bottiglia di vetro e attendere un po’ prima di bere: essendo una sostanza volatile, il cloro sparirà.
In Campania l’eccellenza del trattamento delle acque: il laboratorio GORI
Per quanto riguarda il nostro territorio possiamo sicuramente fare riferimento a Gori, la società che gestisce il servizio idrico in ben 74 comuni della Campania. L’acqua erogata da Gori è di qualità molto elevata; essa, infatti, proviene da sorgenti e falde che non hanno bisogno di trattamenti di potabilizzazione. La società ogni anno procede ad analizzare oltre 100.000 parametri dell’acqua di rete all’interno del laboratorio “Francesco Scognamiglio” di Pomigliano d’Arco, dove sono in uso le più moderne e sofisticate tecnologie, installate in oltre mille metri quadrati di superficie. Tutti i controlli – chimici, fisici, biologici e microbiologici – vengono eseguiti rispettando le procedure e le metodologie previste dagli standard nazionali ed internazionali.
Gli elevati livelli qualitativi raggiunti dal laboratorio Gori hanno permesso di ottenere la certificazione (in gergo tecnico “accreditamento”) alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 da parte di ACCREDIA, ente unico di accreditamento riconosciuto dallo Stato. Oltre ai controlli interni, l’acqua di rete è soggetta anche a controlli esterni effettuati dalle AA.SS.LL. territorialmente competenti. Al fine di alimentare una corretta informazione sull’acqua distribuita, Gori ha messo a disposizione dei cittadini una mappa interattiva della qualità dell’acqua, presente sul sito goriacqua.com. Basta inserire il proprio indirizzo per conoscere la provenienza delle acque che arrivano nelle nostre case, con la possibilità di scaricare un certificato di garanzia e un report di tutti i parametri registrati nel corso degli ultimi semestri.
Con l’obiettivo di promuovere ulteriormente l’utilizzo e la sicurezza dell’acqua di rete, Gori ha anche sviluppato la campagna di comunicazione SorSi – Sorgente Sicura, di cui è protagonista una dolcissima bambina pronta a spiegare i benefici di un gesto semplice, comodo e immediato, che fa bene a tutti (anche all’ambiente).
Qual è il rapporto tra acqua del rubinetto e la questione ambientale?
L’acqua confezionata viene in massima parte imbottigliata in PET, ossia una resina termoplastica certamente adatta al contatto alimentare ma che, se non correttamente smaltita o riciclata, è caratterizzata da lunghissimi tempi di biodegradabilità. In Italia circa 11 miliardi di bottiglie in (PET) per acque minerali e bevande confezionate vengono immesse sul mercato ogni anno. Più del 60% di queste, circa 7 miliardi, non vengono riciclate e rischiano di essere dispersi nell’ambiente e nei mari, contribuendo in modo massiccio all’inquinamento del pianeta e finendo in parte anche nella catena alimentare umana. Si stima, infatti che ogni anno un essere umano ingerisca una quantità di plastica equivalente ad una carta di credito. Le conseguenze per la salute – è facile immaginarlo – sono disastrose e nei prossimi anni le evidenze potrebbero essere ancora maggiori. Da non sottovalutare anche le emissioni di anidride carbonica legate al trasporto su gomma dal luogo di imbottigliamento ai supermercati. Si tratta, naturalmente, di consumi che possiamo contribuire ad abbattere attraverso l’utilizzo dell’acqua di rete.
Ultimo aspetto, ma non per importanza, è quello dell’economicità dell’acqua del rubinetto
L’acqua del rubinetto è molto più economica rispetto all’acqua in bottiglia, oltre a essere immediatamente accessibile: basta raccoglierla in una bottiglia di vetro per avere acqua fresca e più dissetante proprio grazie agli elementi in essa disciolti. L’acqua confezionata, essendo più leggera, è anche meno dissetante e dunque il nostro organismo ha bisogno di assumerne di più per ottenere lo stesso grado di idratazione.