Il prof del Nord ci ricasca: “La pizza a Napoli era una schifezza, negli USA è diventata una meraviglia”

Alberto grandi pizza


Lo storico dell’alimentazione il professor Alberto Grandi ci ricasca e nell’intervista rilasciata al Financial Times ha dichiarato che la pizza è migliorata una volta arrivata in America.

Alberto Grandi pizza: “A Napoli era una schifezza

La pizza a Napoli? Era uno schifo, è migliorata in Usa. La storia non è marketing“, sono state le sue parole. “Confondiamo l’identità con le radici — ha continuato Grandi — l’identità è ciò che siamo oggi mentre le radici sono ciò che eravamo ieri e sono costituite da incroci, contaminazioni e scambi. È la nostra storia, fatta di persone che sono emigrate in America, Brasile, Belgio e in altri paesi“.

Il professore ritorna indietro nel tempo alla tragedia di Marcinelle (incendio nella miniera di carbone Bois du Cazier, ndr) del 1956: “È impensabile che gli italiani in quegli anni avessero qualcosa da insegnare ai belgi dal punto di vista gastronomico — afferma il ricercatore — all’epoca si mangiava meglio in Belgio che in Italia, è inutile girarci intorno. I nostri connazionali che avevano soldi mangiavano alla francese. La cucina italiana, come la conosciamo oggi, è frutto di contaminazioni e del fatto che milioni di italiani sono andati in giro per il mondo e hanno imparato a cucinare scoprendo ingredienti nuovi“.

Finché è rimasta a Napoli la pizza è stata una grandissima schifezza. Ma quando è arrivata a New York si è riempita di prodotti nuovi e, in particolare, della salsa di pomodoro diventando la meraviglia che conosciamo oggi. Senza il viaggio degli italiani in America sono convinto che questa specialità sarebbe scomparsa“. ha proseguito.

Replica alla Coldiretti sul Made in Italy

Dire che la cucina italiana si fa così e basta è un modo per ucciderla. Il fatto che l’Italia sia il primo paese consumatore di sushi in Europa significa che siamo noi i primi a non essere convinti della nostra presunta superiorità. Alle giovani generazioni non importa nulla di ciò che mangiavano Lorenzo il Magnifico ed Isabella d’Este. Le mie figlie se devono scegliere tra un piatto di tortelli e il sushi scelgono quest’ultimo“, ha concluso.

E poi una replica alla Coldiretti, che si è schierata a difesa del Made in Italy: “C’è una cosa che mi fa diventare matto: quando dico che, negli ultimi cinquant’anni, il Parmigiano Reggiano è cambiato ed è diventato un prodotto straordinario, che male sto facendo? Qual è il danno per l’economia e l’agroalimentare italiano? Se nel Wisconsin si fa il formaggio come lo si faceva da noi cent’anni fa, questa è una colpa e non un merito per il Wisconsin: ciò non significa che sia migliore di come lo si fa oggi in Italia. Mi sono limitato a fare una constatazione filologica delle origini del Parmigiano. Capisco le esigenze del marketing, ma io faccio un mestiere diverso, sono uno storico. Forse, alla fine, chi mi ha criticato non è poi tanto sicuro delle proprie idee se basta così poco a metterlo in crisi“, ha continuato Grandi.

Prof di Parma: “La pizza come la mangiamo oggi è nata in America

La pizza come la conosciamo oggi non sarebbe nata a Napoli, ma in America ed “importata” da noi a partire dagli anni ’50. Lo aveva affermato un anno fa lo stesso docente di storia dell’alimentazione all’Università di Parma, intervistato da Il Fatto Quotidiano. Il professore ha scritto un libro dal titolo Denominazione di Origine Inventata in cui intende sfatare i miti che riguardano la cucina italiana, e tra le specialità di cui vuole ridimensionare la portata inventiva degli italiani vi è la pizza.

“Quella che conosciamo e mangiamo anche oggi – aveva affermato Grandi – è nata in America e fino agli anni ’50 gran parte degli italiani non la conosceva. Se ne parlava quasi come si trattasse di un piatto esotico. Insomma, vero che la pizza è nata a Napoli ma si trattava di una pizza bianca, senza pomodoro e mozzarella, ricca di aglio e olio, mangiata per strada. Una sorta di street food primordiale”.

La pizza “rossa” è nata a Napoli

Ricordiamo che è vero che la pizza nata a Napoli era bianca e si tratta della Marinara del 1734 fatta con acciughe, capperi, olive di Gaeta e origano. Ma il pomodoro e la mozzarella di bufala sarebbero stati aggiunti dopo, tra il 1796 ed il 1810, grazie alla coltivazione del pomodoro lungo e si tratta proprio della Margherita, che si preparava quindi decenni prima dell’Unità d’Italia. Il filologo Emmanuele Rocco nell’opera Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti del 1858 descrive una pizza condita “con pomidoro, sottili fette di muzzarella e foglia di basilico“, quindi, circa un secolo prima rispetto al periodo preso in considerazione dal professor Grandi.


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