Tra i tanti personaggi del mondo dello spettacolo, della musica e semplici fan che non hanno voluto perdersi l’ultimo saluto a Federico Salvatore c’era il comico Simone Schettino
Un personaggio che con la sua ironia, talvolta amara, è partito dalle esperienze a teatro e nelle TV locali per poi approdare in Rai in prima serata con Made In Sud. La sua figura di “fondamentalista napoletano” la dice lunga sull’attaccamento alla città e alla nostra gente, che ha sempre raccontato con semplicità e schiettezza nei pregi e nei difetti. Un approccio alle radici che ha condiviso con l’amico e collega Federico Salvatore, in una lettura di Napoli che cerca di distaccarsi dagli stereotipi e guarda a sè stessa con senso critico ma senza perdere il proprio spirito sorridente. Un sorriso a volte forzato, amaro.
Lo stesso sorriso che Simone accenna con gli occhi visibilmente commossi in Piazza San Ciro a Portici, ricordando Federico Salvatore: “E’ una giornata non facile per tutti noi. Io l’ho adorato non solo perchè abbiamo lavorato insieme ma perchè ogni volta che esprimeva dei pensieri sul nostro popolo i nostri pensieri collimavano. Mi sentivo orgoglioso di essere rappresentato da lui”
“E’ stata una grandissima persona“, prosegue Schettino. E riserva un suggerimento a coloro i quali hanno conosciuto la figura di Federico Salvatore solo attraverso le sue uscite divertenti, dai successi del Maurizio Costanzo Show degli anni ’90 alle sue canzoni, dai testi coloriti da qualche parola sboccata: “Federico ha un’altra vena, poetica, sofferente. Suggerisco chi non l’ha conosciuta, soprattutto le nuove generazioni, di andarla a studiare. E’ stato un maestro: non lo dico come frase di circostanza. Lui l’ha sempre saputo. Gli ho voluto bene soprattutto perchè mi ha rappresentato degnamente”
Un lato struggente del carattere che ad un certo punto della carriera ha forse prevalso, ma senza scrollargli da dosso l’immagine del cantante da turpiloquio che forse per troppi è ancora l’unica conosciuta. Per questo, Schettino invita a scoprire i lavori più profondi, più impegnati. D’altra parte, come lo stesso Federico Salvatore chiudeva un suo pezzo dedicato agli Sqallor: “Perchè il pretesto della volgarità è forse il primo segno della libertà“