La professoressa Cinzia Paolina De Lio racconta la sua verità: la docente, di cui si è tanto parlato nei giorni scorsi poiché assente a scuola per 20 anni su 24 totali di servizio, rompe il silenzio sulla faccenda e lo fa creando un proprio ufficio stampa incaricato di rivolgersi ai media.
Cinzia Paolina De Lio ha inviato un comunicato al quale, promette, seguiranno altri con l’intenzione di difendersi dalle accuse. Dice di sé che ha “avuto la sola colpa di ritrovarsi a insegnare nel posto sbagliato”. Lo scritto ha come proprio epicentro un commento sulla sentenza della Corte di Cassazione, al centro dell’attenzione dei media. Nel comunicati si legge quanto segue.
La docente Cinzia Paolina De Lio, diversamente da quanto reso noto e diffuso, non ha subito alcun provvedimento di ‘destituzione’ da parte del Ministero dell’Istruzione essendole stata contestata dal proprio dirigente scolastico – esclusivamente – l’ ‘incapacità didattica’. Ci si soffermerà in altro comunicato sull’ istituto giuridico dell’ ‘incapacità didattica’ e – propriamente ed in modo specifico – sulla fondatezza di tale contestazione alla docente prof. De Lio, in possesso di numerosissimi titoli di studio, anche relativi alla didattica, conseguiti presso diverse Università Statali sul territorio nazionale, nonché a tempo indeterminato nei ruoli dello Stato da numerosissimi anni.
Quanto si legge nella sentenza di Cassazione, riportante la sentenza d’appello, ovvero che “La Corte d’appello di Venezia con sentenza n. 488 del 2021, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’impugnazione del Ministero e rigettava la domanda della lavoratrice, ritenendo legittimo il provvedimento di destituzione emesso ai sensi dell’art. 512 del d.lgs. n. 297 del 1994” è – totalmente – non rispondente a verità fondata in diritto.
E, difatti, non esiste alcun “provvedimento di destituzione emesso” nei riguardi della professoressa De Lio. Peraltro, clamorosamente, l’articolo di legge citato, cioè l’ art. 512 del d.lgs. n. 297 del 1994 non riguarda la destituzione. A conferma di ciò, si sottolinea che il prefato art. 512 del D.Lgs. 297/94 è titolato e recita come di seguito: “Art. 512 – Dispensa dal servizio – Il personale di cui al presente titolo, è dispensato dal servizio per inidoneità fisica o incapacità o persistente insufficiente rendimento”.
Ad ulteriore prova dell’infondatezza dell’asserita “destituzione” si sottolinea ancora che nel decreto (protocollo riservato n. 1765.3.1a) emesso dal dirigente scolastico e soltanto da lui firmato, si legge “Il dirigente scolastico…DECRETA…la docente De Lio Cinzia Paolina…docente a tempo indeterminato presso l’Istituto d’Istruzione Superiore “G.Veronese – G. Marconi” di Chioggia (VE), ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 512 del D. Lgs. 297/1994, è dispensata dal servizio per incapacità didattica”.
Su tale motivo di recesso ossia sull’asserita “incapacità didattica” e non su altro motivo è stato doverosamente incardinato il ricorso al Giudice del lavoro di Venezia. Non vi è dubbio alcuno, pertanto, che diversamente da quanto affermato nella sentenza di Cassazione:
– l’invocato articolo 512 del D. Lgs. 297/1994 non riguarda la destituzione bensì la dispensa (mentre l’istituto giuridico della destituzione è normato dall’art. 498 dello stesso D. Lgs);
– alcun “provvedimento di destituzione” è mai stato “emesso ai sensi dell’art. 512 del d.lgs. n. 297 del 1994” a carico della prof. Cinzia Paolina De Lio.
La “destituzione” della professoressa Cinzia Paolina De Lio di cui non vi è cenno alcuno nella sentenza di primo grado – e che appare dal nulla per la prima volta nella sentenza d’appello poi pedissequamente riportata nella sentenza di Cassazione – è priva di qualsivoglia fondamento giuridico. La destituzione costituisce la più grave delle sanzioni disciplinari a carico degli impiegati civili dello Stato ma la professoressa De Lio non ha mai ricevuto una sanzione disciplinare nella sua carriera.
La destituzione – per leggi dello Stato alla cui osservanza i giudici della Corte d’Appello di Venezia e della Cassazione sono tenuti – è inflitta, riguardo al personale della scuola, ai sensi dell’ “art. 498 – Destituzione”, del Decreto Legislativo n. 297/94, testo unico in materia, quale ultimo e più grave dei provvedimenti disciplinari, esclusivamente nei seguenti casi, dettagliatamente e puntualmente circoscritti:
a) per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
b) per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie;
c) per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme amministrate o tenute in deposito, o per concorso negli stessi fatti o per tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola o ufficio, sui quali, in relazione alla funzione, si abbiano compiti di vigilanza;
d) per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi pubblicamente nell’esercizio delle funzioni, o per concorso negli stessi;
e) per richieste o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati per ragioni di servizio;
f) per gravi abusi di autorità.
Di nessuna di queste condotte si è resa responsabile la professoressa Cinzia De Lio, nessuna di queste condotte le è mai stata contestata nel corso di nessun procedimento disciplinare. La professoressa De Lio, dunque, non soltanto non ha mai subito la “destituzione” da parte dell’amministrazione di appartenenza ma non ha mai subito – in senso assoluto – alcun provvedimento disciplinare in tutta la propria carriera.
Poiché non esiste – nelle leggi dello Stato italiano – una “destituzione non disciplinare”, la professoressa De Lio, tecnicamente, non può essere “destituita”. La “destituzione” della professoressa De Lio è, dunque, una mera, mostruosa ed abnorme, “creatura” partorita nonostante le leggi dello Stato.