Il quotidiano parigino “Le Monde” ha tracciato in un articolo dal titolo “Napoli teme di diventare una seconda Barcellona“, un profilo controverso dell’evoluzione che sta vivendo il centro storico del capoluogo partenopeo, sempre più improntato verso la mercificazione turistica del proprio patrimonio territoriale. Un racconto, quello del quotidiano francese, francamente intriso di troppi sottintesi.
La percezione è che alla città non venga mai perdonato nulla: i Quartieri Spagnoli vengono descritti come una palude di continue illegalità, contrabbando e prostituzione, trasformati in una trattoria a cielo aperto ad uso e consumo dei turisti ‘mangia e fuggi’ che stanno prendendo d’assalto la città. Intendiamoci, il centro storico di Napoli ha subìto un’evoluzione repentina negli ultimi anni che sicuramente l’ha portato a trasformare la propria immagine, trascinandola verso un mercato più improntato sulle attività ricreative e di ristorazione, vista la domanda sempre in aumento.
Così come è vero che gli stessi quartieri, in particolare negli anni ’90, abbiano vissuto una fase di pericolosa illegalità e micro-criminalità che ha rallentato il processo di crescita turistica che si sta riscontrando negli ultimi tempi. La sensazione però è che non vada mai bene nulla: non andava evidentemente bene quando si passeggiava con il terrore di subire qualche torto, non va bene adesso che ci si può addentrare tranquillamente in vicoli prima inesplorabili, e magari avere tante possibilità di ristoro.
Ancora una volta, quando si parla di Napoli, si perde il senso della misura e dell’equilibrio.
Nei Quartieri Spagnoli, enclave popolare situata vicino al porto della città, stanno spuntando insegne di bed and breakfast dove regnavano prostituzione, contrabbando e traffici vari qualche anno fa.
Sasi Visone, 47 anni, era un semplice parrucchiere, un parrucchiere in italiano, quando i turisti si affacciavano lungo i vicoli stretti e rettilinei dei Quartieri Spagnoli dove è cresciuto e che i visitatori stranieri evitavano accuratamente qualche anno prima. Man mano che altri commercianti si rivolgevano allo street food, la planimetria a scacchiera di questa popolare enclave del centro di Napoli, redatta nel XVI secolo, cominciò a essere ricoperta, su Google Maps, di punte di spillo rosa che indicavano stanze e appartamenti in affitto offerti anche per la prenotazione su Airbnb.
Precipitate dopo la pandemia di Covid-19, ma già iniziate qualche anno prima, queste rapide trasformazioni hanno aperto un “periodo d’oro” per i 15.000 abitanti dei Quartieri Spagnoli, secondo Visone. Ricorda di aver sentito il vento cambiare direzione quando gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana vennero nel suo quartiere per festeggiare, a Napoli, i trent’anni di esistenza della loro casa con l’appoggio dell’allora sindaco, Luigi De Magistris. La tre giorni di festa data in questa occasione ha preannunciato un cambiamento radicale nell’immagine di Napoli e del suo centro storico ancora popolare, in Italia e all’estero.
Sulle pareti lebbrose dai palinsesti pastello che, nella memoria degli abitanti, risuonano ancora dei colpi sparati durante gli occasionali regolamenti di conti, il parrucchiere Sasi Visone vedeva i suoi vicini affiggere alla catena e all’attenzione dei visitatori stranieri, sempre più numerosi, ritratti di Sophia Loren pizzaiola, come nel film L’oro di Napoli, di Vittorio De Sica (1954), e ritratti alla gloria di Diego Armando Maradona. Il mitico calciatore argentino, che offrì al popolo napoletano i suoi primi due scudetti italiani nel 1987 e nel 1990, si veste dell’aureola dorata di un santo.
Dal dopoguerra l’economia dei Quartieri Spagnoli, a ridosso del porto, è stata dominata dalla prostituzione, dal contrabbando e da traffici di vario genere, tra criminalità organizzata e microcriminalità. Le sue strade, nella parte bassa, sono ora sovrastate da insegne di bed and breakfast e fiancheggiate da pizzerie con terrazze invadenti e sonore. I loro piccoli caffè di quartiere hanno iniziato a servire Aperol spritz to go, un cocktail dell’estremo nord di Venezia, paracadutato a Napoli e che unisce l’Italia attraverso i desideri espressi dai suoi visitatori stranieri. Sasi Visone, originario dei Quartieri Spagnoli, figlio di cameriere, ritenne opportuno accompagnare il movimento. Accanto al suo preesistente salone di parrucchiere, ha avuto anche l’idea di aprire un bar, accorpando poi le sue due attività sotto un unico marchio: Barruchiere Hair Studio 76.