Continua il viaggio nel pericolo di crolli a Torre del Greco: all’indomani dell’ennesima palazzina sgomberata nel centro storico al Vico Annunziata, si moltiplicano le segnalazioni di edifici a rischio e la paura tra i cittadini è tanta. Ma la situazione a ridosso della ferrovia Napoli-Salerno è purtroppo storia vecchia: qui i crolli ci sono già stati, altri sono stati prevenuti con soluzioni temporanee e di altri ancora vengono tutt’oggi segnalati i rischi dai residenti senza alcun risultato.
Il reticolo di strade nella zona porto di Torre del Greco risale a diversi secoli fa, anche se eruzioni e speculazioni hanno modellato il territorio creando situazioni che oggi appaiono al limite del credibile per un paese occidentale. La linea ferroviaria che va verso Salerno ha tagliato strade e palazzi. Via Libertà Italiana è costituita da due tronconi: uno a valle e l’altro a monte dei binari. Una volta usciti dalla stazione di Torre del Greco ma abbastanza lontani da aver preso velocità, i convogli ferroviari sembrano sfiorare i balconi. Le facciate dei palazzi sono in condizioni disastrose e, a detta di chi ci vive, anche gli interni sarebbero messi male.
Dopo il crollo di corso Umberto I la paura è cresciuta, ma qui non è mai scomparsa: chi ci abita è consapevole del pericolo, ma la situazione si racchiude in questa espressione: “O bere, o affogare”. Il passaggio dei treni non è più frequente come qualche anno fa e i progetti per dare una svolta si sono susseguiti senza trovare soluzione: trasformare la linea in un percorso di mobilità dolce, interrare la ferrovia, chiudere la tratta. Ma la realtà è decisamente grottesca: il 16 luglio, mentre la palazzina di corso Umberto I crollava, su questi binari ci passava la premier Giorgia Meloni con il gotha di Trenitalia e del governo nazionale per il viaggio inaugurale del Frecciarossa che collegherà una volta al mese Roma con Pompei.
“Dovrebbero darci delle case altrove e buttare tutto giù: tanto prima o poi cadranno lo stesso”, sono le parole di un residente. Opinione non condivisa da tutti: chi è nato qui, difficilmente riesce a distaccarsene, ma il pericolo è tangibile e negli anni passati si sono verificati casi di caduta di calcinacci, cose poco gravi che comunque hanno portato a temporanee interruzioni della circolazione ferroviaria. Se cadesse una palazzina, anche disabitata, sui binari, in corrispondenza dell’arrivo di un treno, sarebbe una tragedia.
Non tutte le abitazioni versano però in condizioni pessime. Ci spiegano che la sostanziale differenza è tra proprietari ed inquilini: chi possiede la casa nella quale vive, tende a prendersene una cura maggiore. Chi percepisce gli affitti, secondo i residenti della zona, non sempre ha questa accortezza. Le differenze sono visibili guardandosi intorno.“In altri paesi l’ente pubblico impone la ristrutturazione: se le case sono in affitto e i proprietari non vogliono saperne, il comune ripara a proprie spese gli edifici e requisisce i pigioni fino a ripagarsi le spese. Questo dovrebbero fare”.
Soluzioni che al momento sembrano utopistiche, nella speranza che le disgrazie non succedano. Intanto si puntellano le palazzine, l’una dopo l’altra, in una realtà che sembra un contrappasso dantesco: vivere a dieci passi dalla costa del Golfo di Napoli ma affacciare sulle massicciate delle ferrovie con i treni che fanno tremare i pavimenti. Se cade un calzino steso ad asciugare, finisce in mezzo alle rotaie.
Via Unità Italiana, in particolare, è un paradosso fatto di cemento: una viuzza pedonale larga poco più di un metro, separata dai binari da un’inferriata che alcuni residenti utilizzano come stendino. Le porte d’ingresso degli appartamenti aprono ad un palmo dalle rotaie, lungo i muri delle trappole artigianali per topi. Perché oltre al pericolo crolli, la strada nascosta alla vista del resto della città diventa il punto ideale per criminosi depositi di rifiuti. Vivere qui non è una scelta, per molti il disagio è l’unica opzione di un mercato immobiliare “drogato” dalla zona rossa del Vesuvio, dall’impossibilità di costruire, da condoni che giacciono da decenni in attesa di approvazione e – per tutto quanto descritto – da prezzi degli affitti sempre più insostenibili per chi ha difficoltà economiche.