Approvato oggi 7 settembre il cosiddetto “decreto Caivano” in Consiglio dei Ministri: tra le principali novità la possibilità di finire in carcere per i genitori che non mandano i figli a scuola.
Prende il nome dalla cittadina del napoletano teatro di violenze su due ragazzine di 13 anni il decreto legge approvato dal governo Meloni: i provvedimenti nascono proprio dall’interlocuzione partita lì la scorsa settimana durante la visita della premier e del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Un dl che nasce con lo scopo di contrastare il fenomeno della delinquenza minorile di cui le cronache hanno riportato numerosi casi nelle ultime settimane, dalla stessa Caivano a Palermo, ed ancora a Napoli con l’efferato omicidio di Giovanbattista Cutolo.
Tra le principali novità c’è l’introduzione del carcere per chi non manda i figli a scuola: è quanto riferito dal ministro Nordio nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri e tutt’ora in corso nel momento in cui scriviamo. Previsto anche lo stop alla potestà genitoriale se il figlio è legato al clan.
Se prima la soglia per aprire le porte del carcere ai minori era una pena di 9 anni, con il decreto Caivano essa scende a 6 anni. Ma nel decreto legge non è entrata la norma voluta dalla ministra Roccella, che prevedeva l’abbassamento dell’età imputabile. Stretta anche sulle sanzioni per lo spaccio di lieve entità con l’arresto in flagranza del minore e sull’istituto dell’ammonimento del questore, che viene esteso ai minorenni a partire dai 12 anni. Il questore potrà inoltre, in determinati casi, vietare al minore l’utilizzo di social e telefonini.
“Volevo essere qui perché penso che il lavoro che abbiamo portato oggi in Cdm sia fatto di norme importanti su alcune materie in cui in passato lo Stato ha preferito di occuparsi di altro, ha dato il segnale che su alcune questioni era meglio non entrare e metterci la faccia perchè pericoloso – sono le parole di Giorgia Meloni riportate da Ansa.it – Io penso che quello di oggi è un segno di uno Stato che decide di mettere la faccia in materie complesse e difficili da risolvere”.
Il decreto legge prende il nome da un contesto dove lo stato è sempre percepito come assente: ed al momento la presenza che si fa sentire da Roma è quella di un’entità che continua a “togliere” anziché dare. Nelle azioni intraprese dal governo, al momento, ci sono blitz, assedi, pene aumentate, carcere e figli allontanati dai genitori. Non ci sono ancora accenni ad interventi culturali, sociali, formativi, scuole aperte, doposcuola, luoghi di aggregazione, strutture per venire incontro alle situazioni di disagio. La promessa è che “arriveranno” con un provvedimento da 30 milioni ed un lavoro di “qualche anno” del governo.