Proverbi napoletani

Proverbi napoletani, domande e risposte

C’è solo un posto al mondo dove può essere racchiusa in un’unica frase esistenziale una o più filosofie di vita: quel posto si chiama Napoli. La città dove la sintesi diventa il modo migliore per esorcizzare il bene e il male, appropriarsene e darne un valore simbolico. In tutto ciò riescono, con un’opera di maestria e di leggerezza unica al mondo, i proverbi napoletani che danno domande e risposte più di ogni altra cosa al mondo.

Per capire l’importanza dei proverbi, spesso i videogiochi che puoi trovare su Netflix, per accattivarsi un certo pubblico specifico, non lesinano nell’esprimere alcuni concetti nel dialetto della zona che i produttori reputano più redditizia. Basti vedere le pubblicità, ad esempio.

Quali sono i proverbi napoletani sulla vita?

“Adda passa a nuttat”. Deve passare la nottata, letteralmente. Un modo di dire tutto napoletano secondo il quale i brutti momenti arrivano, ma poi sono destinati a lasciar spazio possibilmente più positivi. In altre parole, non durano per sempre.

“A meglia vita è chella d’e vaccàre, pecché tutta a’ jurnàta manèano zizze e denare”. Il sogno di ogni buon maschio. Toccare seni e soldi con mano. Questo si riferisce per lo più alla figura classica del mandriano, colui che vigila su una mandria di bestiame.

Ha un’origine medievale e definisce la massima aspirazione, secondo la concezione antica, a cui può ambire un uomo a livello generale. Nella fattispecie con particolare riferimento alle mammelle dei bovini da mungere e ai soldi, per l’appunto, derivanti dai proventi di un’attività agricola.

Qual è il calendario dei proverbi napoletani?

I proverbi napoletani hanno un’estensione e una notorietà talmente diffusa che diventa quasi automatico stilare un vero e proprio calendario. Un’idea nata dalla sapiente mente dell’autore Gianni Polverino.

Grazie a lui ogni anno viene pubblicato il calendario dei più famosi proverbi napoletani associati ad ogni mese. La pubblicità migliore che si possa fare di Napoli, luogo troppo spesso accostato a cronache quotidiane ben più tragiche. Ogni frase proverbiale si accompagna ad una sorta di spiegazione collettiva in grado di far immergere nell’atmosfera popolare e verace anche coloro che napoletani non lo sono.

Quali sono i proverbi napoletani sulla cattiveria?

La cattiveria è un sentimento che al mondo esiste, ma nella cultura napoletana assume contorni, sfaccettature alquanto malleabili. Di proverbi sulla cattiveria ne è pieno il mondo.

“Chi chiagne fotte a chi rir” è un classico intramontabile. Come a dire: a volte meglio piangere delle proprie disgrazie che esaltarsi dei propri meriti. Può dare risultati maggiori in termini di rendimento e prestazioni, perché no?

E poi “Dio è lungariello, ma non è scurdariello”. Perciò, l’atteggiamento di chi vuole fregare il prossimo non sempre paga poiché alla fine c’è sempre il giudizio del Signore con cui fare i conti. E da questo punto di vista la memoria non gli manca. Da qui, per l’appunto, il concetto di “scurdariello”.

Quali sono i proverbi napoletani divertenti?

Tristezza, malinconia, riflessioni e saggezza non sono gli unici elementi connotanti dei proverbi napoletani. In essi si possono nascondere velate di ironia tipicamente partenopee.

“Ven cchiu in ta n’ora ca n cient’ann”. Detto così può significare tutto e il contrario di tutto, soprattutto per chi non mastica questa lingua. Ma la chiave ironica è dietro l’angolo. È come dire che possono accadere tante cose in poco tempo e non bisogna per forza aspettare tanto per poterne godere.

“Chi chiagne fotte a chi rir” è il classico detto che nasconde sia una variante ironica che saggia allo stesso tempo. Vuol dire che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, a maggior ragione di chi, spesso e volentieri, usa costantemente l’arma della lamentela e della lagna.

Diceva qualcuno: “A vita è n’apertura e cosce e na chiusura e casce”. Un chiaro riferimento all’apparato riproduttivo femminile, ma concepito in chiave esistenziale, nel senso che tutto nasce, ma tutto può finire nel giro di un ciclo vitale.

Quali sono i proverbi napoletani sulle donne?

La figura della donna è molto considerata all’interno della letteratura napoletana sui proverbi. Trattata come una divinità terrena in grado di sconvolgere l’esistenza dell’uomo. Per questo motivo si dice che “A bella figliola nun man o nnamurat”. Dove c’è bellezza e, talvolta, ricchezza c’è sempre un uomo che le ronza intorno e la corteggia.

Tuttavia esistono anche quelle donne da evitare secondo la tradizione popolare, come nel caso della “femmina ciarliera peste nera”. “Ciarliera” intesa come chiacchierona e, dunque, tipica donna da cui stare lontani.

A volte i detti possono servire da veri e propri mood motivazionali per spronare se stessi o qualcun altro. “A femmena è comme na campana: si nun o tuculea nun sona”, con chiaro riferimento a donne che sono poco attive e sveglie, dunque hanno bisogno di una scossa in questo senso.

Quali sono i proverbi napoletani sull’invidia?

La “mmiria” è un concetto napoletano molto più vasto della classica invidia all’italiana. Implica un sentimento ancora più forte da parte di chi lo prova sotto questo punto di vista.

La lingua esprime a pieno questo concetto attraverso detti emblematici, come “Si a mmiria tenessa a uallera, ognuno sa schiattass”. Non è facile da estirpare in ogni individuo poiché ognuno la vive a suo modo.

“Meglio a mmiria che a pietà” dà vita ad un concetto superiore di invidia rispetto alla pietà sul piano strettamente semantico, ma non solo. L’invidia può essere un sentimento talmente pervasivo da sopraffare colui che lo prova. Un significato chiaramente associabile al famoso “A mmiria se magn o mmrius”, vale a dire l’invidia ha la meglio sull’invidioso.

Quali sono i proverbi napoletani sull’amore?

L’amore concepito in salsa napoletana ha tutto un altro fascino e sapore. La poesia aumenta il gusto e, talvolta, la perdenza. Totò è stato un maestro di stile ed eleganza sotto questo profilo, insegnando tanto a tanti, anche alle generazioni successive. A Franca rappresenta un vero e proprio elogio all’amore: “Ammore mio, chist’uocchie tuoie song ddoj fenestre aperte, spalancate ncopp o mare”. Più poetico di così.

Persone come lui ed Eduardo De Filippo hanno dato lustro alla poetica proverbiale napoletana. Quest’ultimo con le sue dichiarazioni in “Si to sapesse ric’r” fa battere ancora oggi il cuore. “Ma o core sape scrivere? O core è analfabeta, è comm nu poet ca nun sape cantà, se mbroglie e sposte e virgole”.