Era il 1836, a Napoli fu vietato mangiare il capitone: la storia

Il capitone


Il capitone è un must nelle cena della Vigilia di Natale e quella di Capodanno a Napoli, ma c’è stato un anno in cui fu tassativamente vietato portarlo in tavola. Stiamo parlando del 1836: una grave epidemia di colera infatti minacciava la popolazione cittadina e si pensava che attraverso le carni di questo pesce si potesse restare contagiati.

Nel Natale del 1836 fu vietato mangiare il capitone a Napoli

A Napoli è obbligatorio mangiare il capitone, il 24 dicembre, per motivi ancestrali legati a credenze antiche e superstizioni che poi sono state coperte con uno strato di Cristianesimo, che basta grattare poco in superficie per scoprire l’animo pagano di tutta una serie di tradizioni e usanze in voga ormai da secoli, se non millenni.

Il motivo del divieto: un’epidemia di colera

A parlarci del divieto del 1836 è Paolo Sorcinelli, ex docente di Storia sociale all’Università di Bologna, che in un articolo pubblicato su Focus spiega: “Nel Natale del 1836 a Napoli imperversava il colera. E una canzone ammoniva: “Chi se mangia ‘o capitone, jarrà dinto a ‘o carrettone”. Ma nonostante il divieto di portare in tavola il piatto napoletano tipico della vigilia e l’immagine del carro che trasporta i cadaveri dei colerosi, i consumi non ne risentirono e anzi prevalse forse l’esigenza di esorcizzare il pericolo incombente”.

Secondo il pensiero dell’epoca, il colera poteva passare all’uomo tramite il capitone a causa della dieta di quest’ultimo, costituita da pesci e molluschi. È proprio nelle acque che si trova il germe responsabile della malattia, il Vibrio cholerae. In realtà, come si è scoperto successivamente, il capitone (che è la femmina dell’anguilla) è poco sensibile all’inquinamento. Ad ogni modo, nonostante il divieto ed una massiccia campagna di comunicazione ante litteram, con illustrazioni dove si vedevano un capitone ed un carro dove erano adagiati i cadaveri dei morti dei colera, i napoletani generalmente lo mangiarono lo stesso.

Perché il capitone deve essere presente sulle tavole napoletane la Vigilia di Natale

Il capitone è molto simile al serpente, che secondo il Cristianesimo è l’animale che rappresenta il male, le cui sembianze assunse Satana per tentare Eva e farle mangiare il pomo proibito, condannando l’umanità alla morte. Col Natale si festeggia la nascita di Gesù, l’avvento del Salvatore che con la sua morte ha redento gli uomini da tutti i peccati, dunque mangiare il capitone significa mangiare il serpente, un atto simbolico e di buon auspicio. Motivi più pratici e materiali, invece, spingono a credere che dietro questa credenza vi sia un’utilità pratica, che consiste nel fatto che il capitone è un pesce molto grasso, in passato davvero comune e accessibile anche a chi aveva pochi mezzi economici, ideale per chi aveva bisogno di mangiare qualcosa di sostanzioso e, perciò, la superstizione ha avuto la funzione di incoraggiare la gente a mangiarlo.


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