C’è allerta e paura tra Napoli e Pozzuoli per le recenti e forti scosse rilevate ai Campi Flegrei che stanno quasi facendo rivivere quella fase di crisi che già negli anni ’80 aveva allertato la popolazione. In questi casi, dunque, vale la pena evitare inutili allarmismi e affidarsi alle più autorevoli fonti scientifiche che pur vedono non poche somiglianze tra il quadro attuale e quello della precedente crisi che si è risolta spontaneamente, senza arrecare alcun danno notevole, dando inizio poi ad una lunga fase ascendente.
A partire dalla serata di ieri sono state avvertite alcune delle scosse più forti registrate negli ultimi 40 anni: quella delle ore 19:51 di magnitudo 3.5 e soprattutto quella delle 20:10 di magnitudo 4.4, seguita dalle scosse di magnitudo 3.9 e 3.1 avvertite rispettivamente alle 21:46 e alle 21:55. Tutti eventi sismici intervallati da ulteriori scosse più lievi.
Una situazione che, come è giusto che sia, tende a generare panico e spavento tra la cittadinanza, non solo nella zona flegrea ma in tutta Napoli. La paura di una eventuale ed imminente eruzione si fa sempre più forte anche se le istituzioni scientifiche impegnate nelle attività di monitoraggio (le uniche da prendere in considerazione in casi del genere) confermano di non rilevare segnali preoccupanti. Una tesi oggettiva che potrebbe essere avvalorata anche dando uno sguardo alla storia e all’analoga fase vissuta nell’area flegrea dal 1982 al 1984.
L’inizio della crisi bradisismica del biennio ’82-’84 risale all’estate del 1982 quando, come documentato dall’INGV Osservatorio Vesuviano, si evidenziò “un sollevamento del suolo anomalo”. Il 2 novembre si verificò, poi, uno sciame sismico di 17 scosse avvertite nel giro di 2 ore, localizzate nei pressi del porto di Pozzuoli.
Da giugno a novembre dello stesso anno si rilevò un sollevamento del suolo di circa 15 cm ma la sismicità si mantenne di lieve entità. Solo a partire dal 1983 si verificarono le scosse più forti, come quella del 15 maggio con epicentro in zona Pisciarelli, di magnitudo 3.4. Da quel momento la sismicità diventò più intensa concentrandosi nell’area Solfatara.
“Il 4 ottobre 1983 si ebbe l’evento di maggiore intensità (magnitudo 4) e il 13 ottobre si ebbe il primo sciame sismico costituito da numerosi eventi (229 eventi in poche ore). Dall’inizio della crisi fino alla fine del 1983 si registrarono oltre 5.000 eventi significativi“ – si sottolinea nell’approfondimento dell’INGV.
Anche in quel caso, dunque, si avvertirono scosse simili a quelle percepite questa notte, con un numero di eventi sismici addirittura superiore (229 in poche ore contro i circa 150 registrati ieri). Nel 1984, inoltre, il numero di terremoti di magnitudo più elevata continuò ad aumentare, fino alla scossa di magnitudo 3.8 dell’8 dicembre. Subito dopo la sismicità iniziò a diminuire drasticamente fino a cessare del tutto nel 1985.
La fase di allerta durò, dunque, circa due anni e mezzo, portando ad un sollevamento dell’area del porto di Pozzuoli di circa 185 cm che “unitamente al sollevamento di circa 170 cm del 1970-1972, portò ad un sollevamento totale di circa 3.55 m”. La crisi ’82-’84 fu, infatti, preceduta da una ulteriore fase altamente sismica che si estese dal 1969 al 1972. Anche in quel caso si avvertivano periodicamente scosse abbastanza forti, tanto da causare numerose lesioni in alcuni edifici del centro storico di Pozzuoli, spingendo le autorità cittadine ad evacuare il Rione Terra che non avrebbe resistito ad un’accelerazione del sollevamento.
La frequenza delle scosse, lo stato di allerta, l’intensità dei fenomeni percepiti sembrano quasi legarsi strettamente a quanto sta accadendo attualmente. Nemmeno l’elevata magnitudo riscontrata sembra essere uno dei segnali “premonitori” di una possibile eruzione: secondo il vulcanologo Giuseppe De Natale potrebbe addirittura raggiungere o superare il livello 5, dando vita dunque a scosse ancora più forti da attenzionare in particolare per la tenuta degli edifici.
“Al momento per quanto ne sappiamo il magma si trova alla profondità di 5/6 km quindi non è in vicinanza della superficie“ – ha dichiarato il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Carlo Doglioni, nel corso dell’audizione davanti alla commissione Ambiente della Camera.
“Si tratta di fenomeni che non si esauriscono i pochi giorni. La crisi bradisismica dell’82/84 è durata due anni poi improvvisamente si è fermata e il suolo si è riabbassato. Ora è tornato a salire e adesso ha superato addirittura quella soglia. La situazione dal punto di vista termico di altissima temperatura. Al momento non vediamo la fine ma può darsi che arrivi rapidamente o che la situazione possa essere ancora più dirompente” – ha sottolineato.
Dunque, l’ipotesi più plausibile risulta essere quella di una crisi, già sperimentata, che tenderebbe ad esaurirsi progressivamente ma che potrebbe durare anche anni. L’altro scenario decretato come altamente improbabile, ma monitorato h24 dagli esperti, è quello di una eventuale eruzione. Quest’ultima si verificherebbe in maniera effusiva, decisamente molto meno rischiosa di quella distruttiva del 1538.
Anche il sindaco di Bacoli, Josi Gerardo Della Ragione, tranquillizzando la popolazione a seguito del recente sciame sismico ha evidenziato: “Stiamo vivendo una fase intensa del fenomeno del bradisismo. Le passate generazioni l’hanno già attraversata. Viviamo su una caldera vulcanica, tra le più controllate al mondo, con la terra che si muove lentamente. Vivremo altre scosse? Sì. Dobbiamo imparare a conviverci. È semplice? No. È normale avere paura? Certamente. Ma sappiate che noi siamo al lavoro 24 ore su 24. Sappiate che siamo in stretto contatto con le istituzioni scientifiche, Osservatorio Vesuviano su tutte, e la situazione è assolutamente sotto controllo“.