Febbre Oropouche, primo caso d’Europa registrato in Italia: cos’è, sintomi e come si trasmette
Giu 14, 2024 - Veronica Ronza
È stato diagnosticato in Italia, precisamente in Veneto, il primo caso europeo di Febbre Oropouche, un virus trasmesso tramite punture di insetti (zanzare e moscerini in particolare) che si manifesta con sintomi abbastanza evidenti: a contrarlo è stata una donna tornata di recente da un viaggio nella regione tropicale caraibica.
Febbre Oropouche, primo caso in Italia: cos’è e sintomi
La positività al virus della paziente in questione è stata accertata dal Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Il caso è stato segnalato alle autorità sanitarie e all’ASL di competenza della Regione Veneto.
Oropouche fa parte delle malattie arbovirosi, ovvero quelle trasmesse agli esseri umani tramite alcune specie di antropodi che si nutrono di sangue, soprattutto mosche, zanzare e zecche. Il virus è presente in particolare nelle regioni dell’America meridionale e centrale ma anche nei Caraibi. Proprio lì, infatti, la paziente zero italiana si era diretta di recente.
La trasmissione all’uomo avviene, appunto, tramite punture di insetti, primi fra tutti moscerini e zanzare. I sintomi della Oropouche sono sostanzialmente simili a quelli di altre malattie tropicali: si manifesta generalmente con febbre alta (anche oltre i 39 gradi), mal di testa, malessere generale, dolori muscolari, nausea, vomito e fotofobia (sensibilità degli occhi alla luce).
I primi sintomi tendono a manifestarsi dai 3 agli 8 giorni successivi alla puntura dell’insetto. Il virus è stato isolato nel laboratorio ad alto livello di biosicurezza Bsl3 del Dipartimento di Malattie Infettive dell’ospedale veneto dove sarà studiato attentamente dai ricercatori per poter mettere in campo test diagnostici specifici.
Stando alle dichiarazioni degli esperti del nosocomio Oropouche così come le altre arbovirosi “costituiscono una delle emergenze di salute pubblica con le quali dobbiamo abituarci a convivere”. L’isolamento del virus si attesta, dunque, come il primo passo in avanti per mettere a punto nuove e più affinate diagnosi.