Femminicidio Giulia Cecchettin, l’agghiacciante racconto di Turetta: “La guardavo negli occhi”
Giu 22, 2024 - Stefano Esposito
Interrogato nel carcere di Verona dal pubblico ministero di Venezia Andrea Petroni, Filippo Turetta ha raccontato l’agghiacciante omicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023.
I due erano di ritorno a casa: dopo una giornata di shopping, avevano cenato assieme in un centro commerciale a Marghera. A casa, però, Giulia non sarebbe mai tornata. La loro corsa si interruppe in un parcheggio a 150 metri dall’abitazione dei Cecchettin: “Volevo darle un regalo, una scimmietta. Avevo uno zainetto con altri regali: una lampada, un libretto per bambini e un’altra scimmietta. Lei si è rifiutata di riceverli, e abbiamo iniziato a discutere”.
Femminicidio Giulia Cecchettin, l’agghiacciante racconto di Turetta: “La guardavo negli occhi”
“Mi ha detto che dipendevo troppo da lei, troppo appiccicoso. Si stava creando nuove relazioni, stava sentendo un altro ragazzo”.
“Ho iniziato a urlare che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato, ma lei era decisa a non tornare con me”.
“Lei è scesa dalla macchina gridandomi ‘sei matto, vaff…, lasciami in pace’. Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch’io dall’auto ho preso il coltello dalla tasca del sedile del guidatore”.
“L’ho rincorsa, l’ho presa per un braccio con il coltello nella mano destra. Lei gridava ‘aiuto’ ed è caduta’”.
“A quel punto mi sono abbassato su di lei, l’ho colpita al braccio, credo che il coltello si sia rotto a quel punto”.
“L’ho presa per le spalle mentre era ancora giù, ha sbattuto la testa e l’ho caricata in auto sul sedile posteriore”.
A quel punto Filippo guida per quattro chilometri, fino alla zona industriale di Fossò: “Lei gridava ‘sei pazzo? Lasciami andare'”.
“Era sdraiata, poi si è seduta toccandosi la testa. Inizialmente pensavo a guidare, poi ho iniziato a bloccarla tenendola per un braccio. Ho fermato l’auto, provando a metterle lo scotch sulla bocca. Non ricordo se se l’è tolto o è caduto, si dimenava”.
“È scesa dall’auto e ha iniziato a correre, a quel punto sono sceso anche io. Avevo due coltelli nella tasca del sedile, ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Non ricordo se l’ho spinta io o è inciampata da sola. Continuava a gridare ‘aiuto’. Le ho dato dieci, dodici, tredici coltellate. Volevo colpirla sulla testa, al collo, sulla faccia e sulle braccia”.
L’autopsia in realtà ha raccontato altro: 75 coltellate. Giulia è morta per shock emorragico dopo il colpo alla testa e i fendenti
“Era rivolta verso di me, la guardavo, si proteggeva con le braccia. L’ultima coltellata gliel’ho data sull’occhio. Era come se non ci fosse più. L’ho ricaricata in auto e sono ripartito. I miei vestiti erano sporchi del suo sangue”.
Filippo avrebbe poi iniziato una fuga di sette giorni, dopo aver abbandonato il corpo di Giulia Cecchettin nei pressi del lago di Barcis. La sua corsa sarebbe poi finita in Germania, dopo mille chilometri percorsi.
Filippo Turetta aveva iniziato a studiare l’omicidio dell’ex fidanzata un mese prima, procurandosi vestiti, soldi, provviste, nastro adesivo e dopo aver preso appunti e studiato i percorsi per nascondere il suo corpo e scappare. La versione di Filippo è però diversa: “il nastro l’ho comprato per attaccare la pergamena della laurea di Giulia, i coltelli erano di casa mia. Li avevo con me perché avevo pensato di suicidarmi. Per quanto riguarda il cambio dei vestiti, li avevo già con me: porto sempre coperte, panni e qualcosa da mangiare e da bere”.