Paolo Caiazzo è diventato ormai molto popolare in Italia, grazie in principal modo a Tonino Cardamone, il personaggio che adesso interpreta a Made in Sud. Cardamone, come ha spiegato lo stesso Caiazzo, può togliersi parecchi sassolini dalle scarpe perché tene ‘a capa ca nun è bbona, e allora può esporre quelle che secondo lui sono verità scomode, non curandosi di coloro ai quali possono dare fastidio. Tonino Cardamone è una voce popolare, fa ridere ma dice cose serie, un moderno Pulcinella che apre gli occhi e fa riflettere con la scusa di essere buffone. In questa intervista ha parlato di alcuni dei temi che gli stanno più a cuore, leggete tutto.
Paolo, tu hai raggiunto la vera notorietà con Made in Sud e Tonino Cardamone. Vorresti spiegare chi è Tonino, com’è nato e qual è il messaggio che vuole mandare al pubblico?
Per dovere di cronaca Tonino Cardamone è un personaggio nato con un’altra trasmissione: Bulldozer nel 2001, poi è passato a Colorado Cafè e dopo un po’ di tempo l’ho rispolverato con piacere. Made in Sud nelle ultime edizioni, quando oltre ad essere autore, mi ha permesso di calcare la scena, ha accresciuto la mia popolarità, offrendomi l’opportunità di mostrare maggiore maturità artistica, e di conseguenza maggiore efficacia. Tonino non ha un singolo messaggio, ma di volta in volta, cerca di vedere l’attualità ed i problemi dei nostri giorni da un’angolazione differente. Un po’ folle un po’ giullare e con l’alibi della pazzia non tiene a freno la lingua! Ultimamente mi sto anche divertendo a concludere un pezzo comico in maniera non comica, anzi a volte amara, lasciando con un’opinione personale di Paolo Caiazzo e che spesso combacia con quello dello spettatore.
Come Massimo Troisi sei nato a San Giorgio a Cremano, e anche tu non ti fermi alla comicità, tant’è vero che spesso gli applausi non li conquisti tanto per la battuta, ma perché hai detto una verità. In un periodo, come questo, di sempre più scarsa attenzione ai valori e di proliferazione di sedicenti artisti, quanto è importante la figura “artista impegnato”?
Ti ringrazio per l’accostamento a chi che per me è stato un genio della comicità. Ma l’accostamento può essere soltanto geografico!
Chi ha la possibilità di comunicare con il pubblico impugna uno strumento molto potente, e può scegliere o meno di utilizzarlo. Il comico in genere è sempre dedicato ad una forma di intrattenimento spensierato ed io faccio parte della categoria. Una risata distrae, rilassa e fa sopportare meglio i problemi. Noi “poveri” comici distinguiamo la battuta che stimola la risata di “pancia”(quella istintiva) dalla risata di testa (quella riflessiva). Io cerco di alternarle e quando mi scappa cerco anche di porgere un concetto o un’analisi satirica. Non mi ritengo per questo un’artista impegnato, è una definizione troppo seriosa. Va a finire che, per fare il serio, perdi la comicità ed allora diventi veramente un artista impegnato! Nel senso che, per vivere, devi impegnare la macchina, la casa, gli oggetti…
Grazie alla Rete e dunque alla maggiore accessibilità del sapere. sempre più persone stanno conoscendo la verità nascosta dietro la favoletta del Risorgimento. Tu quando e come ne sei venuto a conoscenza? Quali sentimenti hai provato, sapendo dei massacri, delle bugie, dello scippo al Mezzogiorno, del soffocamento dell’economia, della storia, della cultura?
Nel 2005 stavo preparando uno spettacolo teatrale dal titolo “Liberi Tutti” dove parlavo delle vere e false libertà dei nostri giorni. Per questo volevo accennare qualcosa sulla “Liberazione del Sud”, perché fino ad allora pensavo fosse così. Non avendo più un libro di storia a casa, una sera feci un paio di ricerche in Rete e mi ritrovai su alcuni siti che fornivano delle verità alternative. Questo stuzzicò la mia curiosità ed intensificai le ricerche in quella direzione. Alla fine delle ricerche era l’alba e decisi di scrivere un monologo sulla questione. La cosa più difficile fu tenere a freno la rabbia e l’amarezza per certe scoperte. Il monologo divenne poi la parte centrale di quello spettacolo ed ho avuto poi anche la possibilità di riportarlo, in forma ridotta, in TV. Anzi penso che magari in qualche puntata di prima serata di Made in Sud lo riproporrò!
Parlare di tali argomenti e con frequenza sulla TV di Stato è, a dir poco, insolito. Hai mai ricevuto pressioni o critiche da politici, esponenti della Rai o chiunque altro? Vi è stata una “questione Tonino Cardamone” nel passaggio da Comedy Central a Rai2, o nessuno ha mai tentato di mettere mano ai tuoi monologhi?
No, non ho avuto mai veti o censure sugli argomenti e sulle battute. Naturalmente ho la consapevolezza, dopo qualche anno di esperienza, che lo strumento televisivo è molto potente ed è doveroso usarlo con cautela. I miei testi vengono visti in prova prima di andare in diretta, e fatta eccezioni per piccoli accorgimenti, non vengono mai modificati se non per esigenze di durata.
Dalla “questione Tonino Cardamone” passiamo alla cosiddetta “questione meridionale”. A prescindere dal fatto che i libri di storia vanno riscritti, alcuni la vorrebbero risolvere con l’indipendenza o con una forma di autonomia, altri con una politica fatta per bene (dopo 153 anni d’Italia c’è chi non ha perso la speranza): qual è invece la tua posizione? Che bisogna fare per risollevare il Sud?
Riscrivere i libri di storia dovrebbe essere un dovere, ma non so se mai sarà fatto. Fortunatamente oggi abbiamo anche strumenti differenti per portare a galla certe verità e diffonderle. Questo può generare sentimenti di riscatto che possono portare a soluzioni di autonomia, indipendenza e quant’altro. Tutto è altamente giustificato, ma non penso che si possa tornare indietro col tempo. Il mondo e la storia vanno inesorabilmente avanti e bisogna guardare al futuro con la consapevolezza del passato. Noi uomini del Sud abbiamo subito torti ma abbiamo anche delle responsabilità dalle quali non possiamo nasconderci. Non siamo alti belli e biondi, se no eravamo Svedesi! Al di la della battuta, mi piace guardare al presente, conoscendo il passato, e sperando nel futuro. E se guardo al presente, così come ho detto a Made in Sud (e forse qualcuno ha frainteso), molti problemi nella nostra città sono dovuti al concetto del “Che tengo ‘a vede’!” Riduciamo l’utilizzo di questa filosofia spicciola e cambia la città!
Una declinazione della questione meridionale la “questione napoletana”, cioè lo stato di abbandono della città e il suo ruolo mediatico di simbolo, sede e causa di ogni male italiano, in una sola espressione, lo sputtanamento quotidiano di Napoli, o “sputtanapoli”. Che cosa vorresti dire in proposito?
Ho risposto anche in trasmissione a questa moda che sta prendendo sempre più piede puntualizzando alcune cose. Vero è che se i giornalisti trovano qualcosa storta è perché c’è! Non possiamo disconoscerla, sarebbe un errore ancora più grave. Però perché fare una fiction sulla camorra e non una sulle tangenti milanesi per l’EXPO? La risposta è molto semplice: Napoli fa notizia e fa ascolto. Chi lavora con i media non fa altro che sfruttare la cosa principalmente per fini numerici. Report se avesse fatto un servizio su come è buona la pizza a Napoli non avrebbe fatto scalpore e non sarebbe stato seguito tanto. Io ho visto il servizio con attenzione prima di parlarne e devo ammettere che, giornalisticamente parlando, è fatto molto bene. Anzi ho voluto mettere in risalto che il servizio attaccava tutti quelli che non fanno i pizzaioli con coscienza, tecnica ed ingredienti giusti, ed in tutta Italia! Non mi sono scagliato contro Report, ma ho colto l’occasione di far notare che i fumi della combustione che ci fanno veramente male non sono quelli del forno delle pizze, ma quelli dei roghi tossici.
Per concludere, hai l’opportunità di dire qualunque cosa che desideri e non hai avuto occasione di dire prima. Sentiti completamente libero, tanto lo sappiamo che ‘a capa toja nun è bbona!
Mi sento solo di dire: fate come me, fate uscire il Cardamone che è nascosto in ognuno di voi. Un pizzico di sana follia aiuta a vivere meglio!