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Svolta sul caso Angela Celentano, nuove indagini sulla “pista turca”: cosa è emerso

A 28 anni dalla scomparsa di Angela Celentano, la bambina sparita nel nulla dal Monte Faito a soli 3 anni e che oggi ne avrebbe ben 31, arriva una proroga delle indagini di 180 giorni per arginare tutti i dubbi che fanno capo a quella misteriosa “pista turca”, l’unica forse rimasta ancora in piedi senza fornire risposte certe, né nel bene né nel male.

Angela Celentano, si indaga ancora sulla pista turca

Tutto è partito dall’iniziativa privata di una donna, Vincenza Trentinella, che si sarebbe recata direttamente in Turchia dopo aver raccolto le confidenze di un parroco sul destino di Angela Celentano: sarebbe stata una donna, durante la confessione, a rivelare al prete informazioni riguardanti la scomparsa della bambina.

Secondo la versione del sacerdote, poi venuta fuori dalle rivelazioni di Vincenza, Angela sarebbe stata condotta a Buyukada, un isolotto della Turchia, dove vivrebbe attualmente in compagnia di un uomo, Fafhi Bey, che si spaccerebbe per suo padre.

La donna, giunta sul posto, lo avrebbe addirittura incontrato e avvicinato con la scusa di voler portare con sé in Italia un gattino trovato sull’isolotto. In quell’occasione avrebbe ottenuto il suo numero di cellulare e sarebbe riuscita anche a scattare una foto alla figlia, la presunta Angela.

Le indagini furono avviate ma pare che i magistrati turchi abbiano interrogato l’uomo sbagliato: non il vero Fafhi Bey – che stando alla testimonianza di Vincenza risulterebbe palesemente riconoscibile per una cicatrice sul collo – ma una persona che utilizzerebbe la sua utenza telefonica. Si tratterebbe di Fahri Dal, un veterinario che consentirebbe a Fafhi Bey di usare il suo studio. Per questa e ulteriori possibili incongruenze, già diversi anni fa la Gip di Napoli aveva respinto la richiesta di archiviazione sulla pista turca.

Molto, dunque, ci sarebbe da approfondire sui vari aspetti della vicenda ma, come scrive la giudice delle indagini preliminari, Federica Colucci, “nonostante i solleciti del sostituto procuratore al ministero della Giustizia, nulla è pervenuto dalla Turchia, né il ministero ha risposto sui tempi di evasione della rogatoria”. Vi sarebbe, dunque, una mancata collaborazione da parte del Paese ma, con la proroga delle indagini, cresce la speranza di chiarire una volta e per tutte le dissonanze della pista turca.

Giornalista pubblicista, laureata in Comunicazione. Amo scrivere della mia città e dell'eccellenza che la connota da sempre