Come è morto Totò Schillaci: cos’è il tumore al colon-retto e come si previene
Set 18, 2024 - Veronica Ronza
Si è spento questa mattina, all’età di 59 anni, Totò Schillaci, il celebre calciatore italiano, originario di Palermo, morto a seguito di una serie di complicazioni causate dal tumore al colon-retto, la malattia che aveva scoperto di avere nel 2022 e che lo aveva portato a sottoporsi a due complicate operazioni.
Come è morto Totò Schillaci: il tumore al colon-retto
L’ex bomber delle famose “notti magiche” che avevano infiammato l’Italia e del mitico mondiale del 1990 lo scorso sabato era stato ricoverato nel reparto di pneumologia dell’ospedale civico di Palermo, dove questa mattina è deceduto.
Due anni fa aveva scoperto di essere affetto da un tumore al colon-retto, il secondo tipo di cancro più diffuso in Italia, anche tra le persone under 50. Schillaci si è sottoposto a due operazioni e sembrava aver debellato la malattia. Come per ogni paziente oncologico, periodicamente eseguiva i controlli del caso, proseguendo però la sua vita di tutti i giorni. Fino a quando agli inizi di settembre è stato trasferito presso l’ospedale palermitano in gravi condizioni.
Come spiegato dalla Fondazione AIRC, il tumore del colon-retto è un particolare tipo di cancro che si sviluppa nei tessuti del colon (la parte più lunga dell’intestino crasso) oppure del retto (la parte dell’intestino crasso più vicina all’ano). L’intestino crasso comprende, infatti, colon – a sua volta diviso in colon destro, colon traverso, colon sinistro e sigma – e retto, terminando nel canale anale.
Come tutti i tumori, la malattia si lega ad una crescita incontrollata di cellule, in questo specifico caso di quelle epiteliali della mucosa che riveste la parte interna dell’intestino. La maggior parte di tumori al colon-retto hanno origine dalla trasformazione in senso maligno di polipi, piccole escrescenze dovute al proliferare delle cellule della mucosa intestinale.
Di solito i polipi non danno sintomi ma possono dar luogo a piccole perdite di sangue, rilevabili con un esame delle feci. I sintomi sono molto variabili e poco indicativi. Possono manifestarsi stanchezza e mancanza di appetito oppure nei casi più gravi anemia e perdita di peso.
“Se preso nei primissimi stadi, può essere debellato completamente e avere una prognosi eccellente per la vita, con una sopravvivenza a 5 anni superiore al 90%” – ha sottolineato all’Adnkronos Maurizio Vecchi, professore di gastroenterologia dell’università degli Studi di Milano e direttore della Gastroenterologia ed Endoscopia al Policlinico del capoluogo lombardo.
Fondamentale, dunque, risulta essere la prevenzione per evitare che possa essere diagnosticato tardivamente. Basterebbe sottoporsi ad uno screening ogni due anni, a partire dai 50 anni di età, semplicemente ritirando in farmacia una provetta per la ricerca di sangue occulto nelle feci ed eseguire il test riportando la provetta in appositi laboratori. In caso di positività si passa al secondo step: la colonscopia. Seguendo le opportune indicazioni terapeutiche è possibile eliminare eventuali lesioni che potrebbero in futuro degenerare in tumori.