Addio a Skármeta, autore de “Il Postino”. Era pazzo di Troisi: “Mai visto tanta grazia”


Si è spento all’età di 83 anni Antonio Skármeta Vrancic, autore cileno de ‘Il Postino di Neruda’, fonte d’ispirazione per Michael Radford per la realizzazione di quello che fu il testamento artistico di Massimo Troisi, morto pochi giorni dopo l’ultimo ciak.

Si è spento Antonio Skármeta Vrancic, l’autore de ‘Il Postino di Neruda’. Ispirò l’ultimo film di Massimo Troisi

Il comune di San Giorgio a Cremano, città natia di Troisi appartenente all’area metropolitana di Napoli, ci ha tenuto a ricordare il poeta attraverso le parole del sindaco Giorgio Zinno: “Cari concittadini anche la città di San Giorgio a Cremano piange la morte dello scrittore cileno Antonio Skàrmeta, che fu autore del libro Ardente Paciencia nel 1985. Il libro fu tradotto in oltre 20 lingue. Se ne innamorò il nostro grande concittadino Massimo Troisi, che lo usò come ispirazione per il suo libro più famoso, Il postino, poco più di 30 anni fa. Skàrmeta fu anche un esponente politico nel suo Paese ed ebbe il coraggio di lasciare il Cile dopo il golpe di Pinochet del 1973, finendo in esilio come Pablo Neruda, protagonista del suo volume più famoso. Alcuni anni fa ha visitato San Giorgio a Cremano, recandosi anche sulla tomba di Massimo Troisi per rendergli omaggio. Ho avuto l’onore da giovane vicesindaco di conoscerlo: personalmente era una persona schietta, vivace simpatica e di enorme cultura. Non possiamo che ricordarlo con gratitudine ed affetto”.

Anche il presidente del Cile, Gabriele Boric, ha omaggiato Skarmeta: “Grazie maestro per la vita vissuta. Per i racconti, le novelle e il teatro. Per l’impegno politico, per lo ‘Show dei libri’ che ha ampliato le frontiere della letteratura. Per aver sognato la neve che bruciava nel Cile che ti faceva tanto male”.

Quando Skármeta raccontò Massimo

In un’intervista rilasciata solo pochi anni fa, l’autore ricordò coì Troisi: “Penso sempre a Massimo Troisi. Tutti i giorni. Mi manca molto. Ma so che mi è vicino. Massimo realizzò un’opera incredibile. Mai avevo visto tanta anima, grazia, originalità, eroismo nel girare un film, nonostante stesse molto male. Fu il suo miracolo. Nel 1993 andai a casa sua, un’abitazione davvero graziosa, nel centro di Roma.

Avrebbe iniziato a girare Il Postino a breve. Prima però ero dovuto andare dal produttore, Mario Cecchi Gori. Voleva che convincessi Massimo a non far morire Mario Ruoppolo alla fine del film, per farne un sequel. Comprensibile per un produttore. Ma Cecchi Gori non capiva che la morte è una grande forma d’arte. Anche il regista Radford mise il veto.

Del resto, la salute di Massimo era già molto fragile e non era tempo di cambiamenti radicali. Mi chiese consigli per girare, su come trasformare il mio personaggio rispettandone l’anima. Mi colpì molto la sua sterminata cultura, cosa inusuale per un cineasta di commedie. Ma conversammo anche di altro. Di calcio, macchine, donne. Dell’amore”.


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