Continuano a far discutere le parole dell’avvocato del 17enne reo confesso dell’omicidio di Santo Romano che sembra portare avanti una ricostruzione dei fatti non attinente a quella dei legali della famiglia della vittima. Ma al di là delle dinamiche la triste verità è soltanto una: il giovane calciatore è morto a soli 19 anni, ingiustamente e senza aver fatto nulla per rimetterci la vita.
Il 17enne di Barra, che ha confessato l’omicidio, stando a quanto reso noto dal suo difensore Luca Raviele “ha riferito di una spallata che avrebbe dato inizio ad una discussione. Discussione che poi è terminata. Lui stava andando via, è salito in auto, e quando è salito in auto è stato, dichiara lui, raggiunto da un gruppo di 4-5 ragazzi, di cui facevano parte anche le due vittime, e in particolare il ragazzo che è stato ferito mortalmente l’avrebbe afferrato per il braccio. Un altro gli avrebbe dato uno schiaffo ed un terzo avrebbe mostrato un coltello”.
“Per cui lui ha reagito estraendo la pistola che aveva nella cintola dei pantaloni e sparando non con la volontà di uccidere. È stato un gesto istintivo per difendersi in quel momento. Stiamo parlando chiaramente di un ragazzo che ha delle patologie serie e documentate” – ha sottolineato l’avvocato.
L’indagato avrebbe anche aggiunto di aver esploso un colpo di pistola alla cieca “solo per difendersi” ma di non essersi accorto di aver ferito a morte il 19enne. Soltanto dopo, prima ai baretti poi a casa di un amico che lo avrebbe protetto, avrebbe appreso dai social della morte del giovane.
Raggiunto dai giornalisti, l’avvocato del 17enne ha ancora una volta ripetuto: “La versione dei fatti fornita dal mio assistito è reale, è vera. Gli è stata lanciata una pietra contro, è stato rincorso, afferrato in auto, picchiato e allora ha reagito“.
Eppure questa presunta aggressione non sembra trovare alcuna conferma come evidenziato dall’avvocato della famiglia Romano, Marco De Scisciolo: “Santo è la vittima di questa vicenda, non ha aggredito nessuno, non ha certo provocato una reazine così abnorme da parte dell’indagato”.
Ma pur ammettendo che vi fosse stata realmente una lite del genere, il folle gesto del 17enne non sarebbe ugualmente giustificabile: come poter paragonare una innocua spallata o un “braccio afferrato” con un proiettile esploso direttamente al petto? Come poter far passare la chiara intenzione di uccidere come un gesto compiuto semplicemente per difesa?
Vero è che, probabilmente, anche il 17enne, affetto da problematiche accertate, ha bisogno di aiuto e supporto ma di certo la giustizia dovrà fare il suo corso. Ed è il grido di dolore di una madre che, oltre a dover piangere un figlio, rischia anche di doversi battere per ottenere il provvedimento che la morte ingiusta di un giovane di soli 19 anni merita.