Pasta ripiena a forma di buste di spazzatura: è l’idea che un famoso chef coreano ha portato in un programma TV di cucina per omaggiare Napoli ricordando il suo periodo più brutto.
Si fa chiamare Napoli Matfia ed è un giovane chef seguitissimo in Corea del Sud: tanto da vantare oltre 300 mila follower su Instagram, una copertina patinata su Vogue e collaborazioni con Netflix oltre a gestire un ristorante di cucina napoletana che si chiama “Via Toledo“, nell’hinterland della capitale Seoul.
Al di là dello pseudonimo che testimonia idee un pò confuse sulla cultura del sud Italia, Matfia è un grande appassionato di cucina italiana e napoletana in particolare nonché conoscitore della storia recente del capoluogo partenopeo.
Tanto da presentarsi in un cooking show della TV coreana con un innovativo piatto gourmet: una specie di ravioli fatti da impasto nero il cui ripieno è racchiuso in una sfoglia a forma di sacchetto dei rifiuti. Non si tratta di una fantasiosa interpretazione ma di ciò che lo chef in persona descrive: “Sono sacchetti della spazzatura: è un piatto che rappresenta i vari lati di Napoli“, spiega alla giuria.
“A Napoli è arte: rappresentano i momenti difficili che Napoli ha passato e volevo includerli nel mio piatto“, continua lo chef. Ed anche l’impiattamento richiama in qualche modo la crisi dei rifiuti con i “trash bag” (questo il nome dato al manicaretto) messi alla rinfusa tra fiori edibili, cremine ed altri ingredienti non meglio specificati.
Un piatto che ha portato bene a Napoli Matfia: “Era da molto tempo che non mangiavo della pasta così buona” dice il giudice del cooking show dopo aver assaggiato la specialità. Tanto che lo chef appassionato di Napoli alla fine vincerà il contest televisivo.
Lo show è diventato virale sui social e diverse pagine italiane hanno rilanciato questa ennesima testimonianza di quanto lo SputtaNapoli sappia valicare i confini ed attraversare continenti. L’immagine che anni fa traspariva di Napoli era proprio questa: fiori e bellezza sommerse dai sacchi neri della monnezza. Immagini intollerabili in Italia ma lontano da ogni immaginazione nella civilissima Corea del Sud.
Eppure lo SputtaNapoli peggiore non è quello di Napoli Matfia che nel suo modo di fare si può definire goffo, addirittura ingenuo. Nel suo locale alla periferia di Seoul (dove hanno mangiato poche settimane fa anche volti storici della Juventus come Del Piero, Cannavaro, Pirlo e Bonucci) si sprecano i richiami alla cultura partenopea, tra corni rossi e quadri del Vesuvio.
Una scenografia posticcia, quasi uno scimmiottamento della millenaria cultura napoletana: ma non meno imbarazzante di quanto si vede in parecchi ristoranti acchiappaturisti nelle strade di Napoli. Anche le reinterpretazioni dei piatti non si allontanano troppo dalle paste e patate gourmet con ingredienti random aggiunti a turno e dalla pioggia di pistacchio che si riscontra in tante “osterie tradizionali” del centro storico e non solo, con le finestre finte e i panni stesi.
Il vero scoramento arriva dai commenti al video che continuano ad alimentare luoghi comuni e pregiudizi verso il capoluogo campano che oggi fugge veloce e “controvento” da quelle immagini della monnezza che sopprimeva i monumenti ed i peggiori sono scritti in rigoroso italiano.
“Gnocchi al colera, pappardelle senza casco, risotto abusivo”; “Mancano i diti mozzati a Capodanno” (le dita, semmai); “Non so cosa possa rappresentare Napoli meglio della munnezza”; “Quattro sacchi in padella”; “Sembrano sacchetti di droga”. Questo è il tenore della maggior parte dei commenti sui social. Ma c’è anche chi risponde a tono ai lontani coreani, con la stessa moneta del sarcasmo e della triste derisione del luogo comune: “Mangiano i cani randagi cotti nei bidoni dell’umido e fanno pure i sofisticati”.